La locandina del documentario S IS FOR STANLEY

Mi mancano i racconti dei nonni, storie vere, durissime, con finali migliori di qualsiasi favola. Mi manca la gente semplice che pensava a “fare le cose per bene” e non aveva bisogno di riempirsi la bocca d’inglesismi per spiegare il proprio mestiere. Mi manca la spontaneità del passato. Mi manca il profumo di 1900.

Ci sono giorni, che avverto in particolar modo la distanza dal secolo scorso e questo è uno di quelli. I cassetti della memoria si sono schiusi quando ho scoperto un’altra testimonianza sincera in grado di commuovere chi ascolta. È la storia di un emigrante, di un italiano, di un giovane con sogni, senso del dovere e speranze, alcune realizzate altre infrante. È la storia di un uomo dedito al lavoro, che ha dato tanto e ottenuto tanto. Soprattutto, è una storia d’incredibile rispetto e fiducia, profonda, spesso non detta o palesata con gesti plateali, impossibile da non cogliere. Uno di quei legami che si creano con pazienza, con tanti piccoli segni, con attenzioni che infondono un senso di protezione.

Emilio D'Alessandro nel suo garage - Foto: ufficio stampa

Emilio D’Alessandro nel suo garage – Foto: ufficio stampa

Quella di S IS FOR STANLEY, il documentario di Alex Infascelli, di cui parliamo oggi, è la storia del signor Emilio D’Alessandro, sino a ieri sconosciuta ai più. Emigrato in Inghilterra ancora ragazzino, partito in cerca di un’occupazione, senza mai perdersi d’animo, si è adattato, si è ritagliato il tempo di innamorarsi, ha assecondato la sua passione per i motori sino a diventare un pilota e poi… e poi, una consegna, difficoltosa, quasi impossibile, di un bizzarro oggetto su un set cinematografico, gli cambiò l’esistenza per sempre. Perché quel giorno, per la prima volta, incontrò l’uomo per cui avrebbe lavorato sino alla fine: Stanley Kubrick.

Il maestro del cinema, il grande autore, la mente con idee all’avanguardia, il visionario, aveva al suo fianco un angelo custode, il nostro Emilio D’Alessandro. Inizialmente suo autista, pian piano si tramutò in figura insostituibile: era uno dei pochi che sapeva di cosa avesse bisogno il cineasta e riusciva ad alleviarlo delle incombenze quotidiane, sia della vita privata sia dell’attività dietro la macchina da presa.

Il signor D’Alessandro gestiva tutto ciò che riguardasse Kubrick, dalla vaccinazioni dei cani, alla visita turistica dei parenti in città, sino alla ricerca della location per un film. Dietro le quinte c’era lui, l’unico di cui Stanley si fidasse ciecamente. E noi, amanti della settima arte, sedotti sin dall’infanzia dalla produzione del regista, costantemente a caccia di aneddoti, questo particolare lo ignoravamo.

Emilio D'Alessandro e Stanley Kubrick - Foto: ufficio stampa

Emilio D’Alessandro e Stanley Kubrick – Foto: ufficio stampa

S IS FOR STANLEY, è un racconto che ci porta indietro nel tempo, è un film delicato che con garbo ci svela un rapporto raro e genuino, rimasto lontano dai riflettori, che ora merita di essere eternato. A ripercorrere gli eventi è lo stesso D’Alessandro, è lui coi suoi occhi gentili e sinceri a svelarci ricordi intimi, talvolta buffi altre volte grevi, che ci concedono il privilegio di una prospettiva inedita sul genio di cui credevamo di sapere ogni cosa. Emerge la quotidianità, la parte schiva del personaggio preciso, con obiettivi ambiziosi, che pareva non aver paura di nulla il quale, lontano dai riflettori, era semplicemente un uomo, un padre, un marito, un amico fragile, con difetti e preoccupazioni come tutti noi. Alla fine, sentiamo D’Alessando vicino, ci viene voglia di allungare la mano e fargli una carezza: è dolce, generoso, leale e professionale, proprio come i gentiluomini di un’altra epoca, quelli che vorremmo conoscere, ma sappiamo essere in via d’estinzione.

Il lavoro di Infascelli si è aggiudicato il David di Donatello come miglior documentario del 2016, e domani, lunedì 30 maggio, arriverà in sala grazie a FELTRINELLI REAL CINEMA e WANTED tramutandosi in evento cinematografico. Solo per un giorno, quindi, potrete incontrare un signore dal nome poco noto senza cui probabilmente opere come Shining, Full Metal Jacket e Eyes Wide Shot non sarebbero ma diventate quelle che amiamo.

Vissia Menza

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