Anche questo 69° Festival de Cannes ha i suoi vincitori. È stato un concorso internazionale difficile da giudicare, a parte alcuni scivoloni (il più clamoroso quello di Sean Penn con The Last Face) il resto dipendeva solo dal gusto di ognuno. Anche i lungometraggi più sottotono si avvicinavano alla sufficienza. Alla fine a Cannes arriva solo il meglio del cinema internazionale e in questo 2016, in particolare, c’erano tanti nomi noti, autori in grado di raccontare storie importanti con eleganza senza rinunciare a gremire le sale.
Siamo partiti recensendo proprio quel I, Daniel Blake che si è portato a casa la Palma d’oro. Ken Loach, meritatamente, entra nella schiera (meno di una decina) di cineasti che si sono aggiudicati due volte il premio (tra i quali ricordiamo Michael Haneke, i fratelli Dardenne e Francis Ford Coppola). Alla tenera età di ottant’anni il cineasta britannico riesce ancora ad avere fiato e a sperare in un mondo migliore, a lottare per la dignità dell’individuo, a stare al fianco dei più deboli. Il suo film è tutto questo e molto di più. I, Daniel Blake ci tocca per la lucidità con cui descrive una realtà che è tutta intorno a noi e per il suo protagonista che rimane eretto fino alla fine. Sin dall’inizio avevamo capito che non sarebbe rimasto inosservato. Non possiamo che essere contenti nel notare che abbia raggiunto anche il cuore dei giurati. Lucido e necessario.
La gioia più grande è stata l’assegnazione del Grand Prix a Juste la Fin du Monde di Xavier Dolan. Un regista che a ogni nuova prova dimostra di essere cresciuto, di essere ancora più bravo nel cogliere le minime sfaccettature dell’animo umano e di avere un talento infinito nel portarle al cinema. Dolan riesce ad entrare nelle nostre teste e a farci entrare in quelle dei personaggi dei suoi film, ci convince di essere dentro lo schermo e decide lui quando farci tornare in poltrona. Se con Mommy ci concedeva brevi attimi liberatori, di respiro e speranza, in Just la Fin du Monde ci toglie anche questo privilegio e non ci lascia andare prima dei titoli di coda quando siamo sfiniti, straziati dall’essere stati per quasi due ore nei panni di cosi tante persone e di aver provato impotenza per non aver reso la loro situazione meno greve. Un’esperienza totalizzante, inebriante, unica.
Premio che deve aver diviso la giuria quanto ha separato la platea è quello alla migliore regia. Un ex-aequo tra Cristian Mungiu, che in molti volevano sul grandino più alto del podio (sottoscritta compresa) e Olivier Assayas. Quest’ultimo con un lungometraggio sottotono rispetto alle aspettative, che difettava di carattere e pesava sulle spalle di una giovane protagonista non ancora in grado di reggere un one (wo)man show. Al contrario Bacalaureat è la conferma che Mungiu sia uno degli autori più importanti del panorama europeo e sia destinato a vincere ancora e ancora. Non vediamo l’ora.
Chiudiamo con i riconoscimenti su cui in pochi avrebbero puntato: Forushande (Il Cliente) di Asghar Farhadi, rincasa con il premio per la migliore sceneggiatura e per la migliore interpretazione maschile (Shahab Hosseini); Jaclyn Jose, la protagonista di Ma’ Rosa di Brillante Mendoza, in lacrime ha battuto la favorita Sonia Braga e la nostra preferita, entrata in lizza all’ultimo minuto, Isabelle Huppert; e il Jury Prize se l’è aggiudicato American Honey di Andrea Arnold. Ai nostri occhi un vero mistero, per fortuna non un disastro.
In attesa che questi titoli arrivino da noi, il suggerimento è di segnarveli: non vi lasceranno indifferenti.
Vissia Menza
A questo link tutti i vincitori di Cannes 2016, qui invece il nostro diario (in continuo aggiornamento)
Last update: il 24.05.2016 alle ore 15.30, inserimento link alle recensioni del film vincitori
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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