Gabrielle è giovane, è cresciuta in campagna, in un piccolo paese dove tutti conoscono tutti, è la figlia del fattore ed è sola. Si rifugia nei libri e in quelle pagine scopre l’amore. Sempre ad esse si affida per trovarlo e, come prevedibile, la scottatura sarà cocente. Gabrielle vivrà da quel momento una vita costellata di amori impossibili e la sua ostinazione si tramuterà nella sua rovina. Perché un brav’uomo che la salverà lo troverà ma non si tratterà di un principe azzurro in armatura e il lieto fine sarà lei stessa ad allontanarlo ogni giorno di più.
José è un bracciante, è onesto e le vorrà un bene infinito, la proteggerà e accetterà di vivere con una moglie instabile, alla costante ricerca del sentimento travolgente che esiste solo nelle favole, e sempre alle prese con una salute cagionevole. Sarà proprio la sua condizione fisica a portarla lontano da tutto e tutti, sulle alpi svizzere, in una SPA, dove cercherà di rimettere in forma il fisico, liberandosi di quei calcoli che le provocano violenti spasmi da anni, e nel cuore, e abbandonando le vecchie ossessioni. Ma, proprio su quelle montagne, incontrerà un uomo, quello giusto, forse, e ri-inizierà a sorridere, sino a quando sarà il momento di tornare alla realtà.
Mal de Pierres sono i calcoli renali, quelli di cui soffre la protagonista e quelli che crediamo di percepire a causa della lunga attesa di un qualcosa che tarderà a palesarsi. E Mal de Pierres è la nuova fatica dietro la macchina da presa di Nicole Garcia, la regista de L’avversario e l’attrice vista a Locarno in Gare du Nord di Claire Simons, la quale porta in Concorso a Cannes 2016 una pellicola che attinge dall’omonimo romanzo (Mal di Pietre) di Milena Angus.
Una storia italiana, quindi, che si trasferisce oltre confine, e una storia di una donna che sogna l’ardore e ne rimane intrappolata o, da un’altra angolazione, che grazie alle illusioni, sopravvive a una quotidianità poco sorprendente. Nelle mani della Garcia l’opera diventa un melò in cui l’attesa mette a disagio. Perché, oltre al fatto che si tratti dell’ennesimo racconto triste con protagonista una donna sola, costretta in un matrimonio deciso a tavolino, destinata all’infelicità e forse alla follia, è anche il classico film che parla di amori anelati e cuori infranti. E, se non fosse per un mini-colpo di scena, Mal de Pierres verrebbe dimenticato ancor prima della fine della kermesse.
Il compito di rendere Gabrielle viva e fragile spetta a Marion Cotillard, oramai brava in qualsiasi ruolo, che qui si ritrova a trainare un lungometraggio che pesa come un macigno sulle sue esili spalle e attenta alla nostro buon umore. Al suo fianco un dignitoso Alex Brendemühl, nei panni del consorte che tutto accetta e tutto salva, e un moribondo Louis Garrel che appare e scompare senza mai cambiare espressione (sofferente).
Mal de Pierres è un dramma quieto e malinconico, dalle tinte fané, aggrappato a troppe frasi non dette e sguardi sospesi in cui un uomo si annienta per i capricci di una mente malata. Non c’è niente da fare, più ci pensiamo e più ci appare un lavoro lento, spento, impolverato con un forte odore di antico.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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