Talvolta ci capita di vedere opere che non sappiamo cosa siano, non riusciamo a catalogarle né per genere né per messaggio. Parlo di quei casi in cui la storia è bizzarra, i personaggi sono sopra le righe, la messa in scena si avvicina pericolosamente al nonsenso e si ripara dietro le citazioni colte per giustificare un divertissement. Il film Ma Loute mi ha ricordato quei casi.
Ma Loute, in concorso qui a Cannes, è la nuova fatica di Bruno Dumont, regista che dalla Croisette è rincasato ben due volte con un Grand Prix in mano. In questo 2016 ci riprova con una pellicola che dalla sinossi ufficiale pareva divertente e diversa dal solito mentre nella realtà ha diviso la platea: metà, la mia, era perplessa, non riusciva a comprenderne fine e/o ironia; l’altra metà, era completamente in estasi e ad ogni nuova freddura/ caricatura rideva con gusto.
Partiamo proprio dalla trama. Siamo a inizio 1900, per la precisione nel 1910, sulla costa d’Opale, nel nord della Francia, in un luogo selvaggio, i cui vive una comunità di pescatori, che è meta prediletta di ricchi villeggianti in possesso di case con vista sulla baia. Tra questi ultimi ci sono i Van Peteghem, tanto facoltosi quanto storditi e un po’ degenerati, la cui figlia Billie, spregiudicata e in piena crisi adolescenziale, decide di intraprendere una relazione con Ma Loute, il maggiore dei Bréfort, gente nata e cresciuta nel piccolo paese, di mestiere traghettatori, con abitudini culinarie tutte da scoprire.
Entrambe le famiglie non paiono avere le rotelle a posto e, quando una serie di sparizioni iniziano a turbare la quiete di quell’angolo di paradiso, allo sgangherato gruppo si aggiunge un investigatore con le physique du rôle di Poirot, la stazza di Nero Wolfe, e la brillantezza di una persona con problemi cognitivi. A quel punto gli eventi si avviteranno e porteranno ad un finale grottesco.
Da Dumont, professore di filosofia e autore di drammi come L’umanità e Flandres, possiamo comprendere la voglia di tuffarsi nei meandri della commedia e che lo faccia in un modo particolare. Il suo è un lungometraggio un po’ commedia caricaturale, su difetti e devianze umane, un po’ critica sociale e un po’ storia surreale, con un cast da inchino: Fabrice Luchini, Valeria Bruni Tedeschi e Juliette Binoche, formano un fantastico trio che ci regala performance superlative con cui la Binoche si conquista una bella chance di dare del filo da torcere alle colleghe per il premio di migliore attrice.
Il punto dolente di Ma Loute è che appare disarmonico, mescola troppi generi, è eccessivo nel ripetersi delle gag che funzionano, e stride sino a far perdere la pazienza allo spettatore, sovrastato dal fiume di battute e situazioni che trasudano follia (e un po’ di compiacimento) e delineano una favola da cui l’essere umano ne esce tristemente deriso.
Prima di rimanere scottati, il consiglio è quindi di ponderare con cura.
Vissia Menza
Last update, 29 agosto 2016: il film è uscito nelle sale italiane il 25 agosto. Di seguito il trailer
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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