Reduce dal cammeo nel ruolo di Martha Wayne (nome chiave che scuote la psicologia del Crociato di Gotham e, di riflesso, dell’Uomo d’Acciaio) nella mega-produzione Batman V Superman: Dawn of Justice diretta da Zack Snyder, la protagonista di Walking Dead Lauren Cohan torna al cinema per vestire i panni della baby sitter Greta, in fuga dal proprio passato, in The Boy di William Brent Bell.
Noto per aver diretto pellicole horror, forse non troppo riuscite, come Stay Alive e L’altra faccia del diavolo, questa volta il regista del Kentucky cerca di sorprendere lo spettatore mettendo in scena un vero e proprio film di genere traendo ispirazione dai maestri italiani del passato quali Lucio Fulci e Dario Argento, nel periodo più aureo e prolifico della loro carriera. Gli ingredienti per confezionare un mistery soprannaturale che trasmette inquietudine e paura ci sono tutti: la casa gotica isolata nella campagna inglese, particolari e strani coniugi che considerano loro figlio un bambolotto con la testa di ceramica e una bella ragazza che, accettando il lavoro di badante per scappare da una realtà scomoda, si ritrova nel mezzo di un incubo ad occhi aperti. Sin dalle prime immagini, il filmmaker americano cerca di trasmettere una certa tensione che va in crescendo con lo sviluppo della storia, sviando e depistando con colpi di scena, in parte ad effetto ed altri un po’ troppo prevedibili, fino ad arrivare all’apice con un finale adrenalinico che strizza l’occhio alle atmosfere tipiche del teatro ‘Grand Guignol‘.
La vicenda ruota attorno alla conturbante e brava attrice che, con un’interpretazione sopra le righe, riesce a caratterizzare il personaggio della baby sitter in maniera impeccabile anche quando recita con la Bambola che deve accudire. I riferimenti e gli ammiccamenti a non pochi lungometraggi del passato non si contano; i due coniugi ricordano la strana coppia di vecchietti di ‘American Gothic‘ e dell’ultima fatica di M. Night Shyamalan The Visit, mentre il bambolotto sembra una variante molto simile del pupazzo di argentiana memoria che appare in Profondo Rosso. I cinefili più attenti ed amanti del genere non potranno non accorgersi che il dipanarsi della trama trae spunto in svariate occasioni da La Casa Nera del maestro Wes Craven e dall’inquietante ‘Quella villa accanto al cimitero‘ del re del gore made in Italy Lucio Fulci. L’unica idea originale della sceneggiatura è rappresentata da una serie di regole alle quali il personaggio di Greta dovrà attenersi scrupolosamente nella cura del ‘bambino’.
L’opera di Brent Bell riesce comunque nell’intento di coinvolgere e incuriosire il pubblico fino alla fine dimostrando che alcune volte il diverso approccio stilistico nel raccontare storie già viste può portare a discreti risultati.
Cristiano Crippa
Recensione pubblicata anche su CineAvatar.it