Una notte, all’insaputa di tutti, Myrtle “Tilly” Dunnag ritorna a casa, a Dungatar nella rurale Australia, per aiutare la madre malata. La mattina seguente però in paese l’accoglienza non è delle migliori nonostante Tilly sia cresciuta, sia bellissima e sia un’eccellente sarta. La splendida Myrtle si è formata a Parigi, dove ha affinato il gusto e la tecnica per trasformarsi nella migliore stilista che possiate sperare di incontrare. In grado di valorizzare i punti di forza del corpo femminile (e non solo) e di realizzare l’abito dei vostri sogni, Tilly è tenuta a debita distanza dalla popolazione locale che la crede “maledetta” e colpevole di un reato difficile da perdonare. La verità, però, è che in quel paesino retrogrado la gente è rozza, ha troppi scheletri nell’armadio e possiede la coscienza di uno schiacciasassi. Senza provare rimorso per i torti procurati agli altri, rimangono tutti ancorati alla propria diffidenza anche quando le Signore iniziano a fare la fila per un abito confezionato dalle abili mani di Myrtle.
Myrtle Dunnag è la Dressmaker che dà il titolo al film, e ha il volto gentile e il fisico prorompente di Kate Winslet, una delle poche attrici in grado di travolgerci in una simile storia e di sfoggiare con disinvoltura capi di haute couture mentre un tacco vertiginoso scompare in una strada di terra battuta. Avvolta in costumi assai differenti dagli ultimi che le abbia visto indossare (era la spietata Irina, capo-mafia ad interim nel thriller Codice 999), la Winslet porta con disinvoltura sulle spalle il sorprendente lungometraggio diretto da Jocelyn Moorhouse. Charmante quando fasciata da nobili stole (al punto da rendere credibile la liaison con l’aitante co-protagonista Liam Hemsworth, di una decade più giovane), innocente e vulnerabile quando riaffiorano i dolorosi ricordi necessari per la sua crescita (e l’evoluzione della trama), risoluta (e in totale sintonia col pubblico) quando appronta (e si gode) la vendetta. La sua Tilly, malgrado le apparenze, è umana e fragile come ognuno di noi e le sue sfortune rendono il racconto magico e triste.
The Dressmaker è una di quelle opere che non ti aspetti: ha molte facce, cambia pelle (o, forse, dovremmo dire abito) più volte. Un po’ western e un po’ revenge movie, è un insolito mix tra commedia nera, dramma e sentimento, in cui l’effetto sorpresa è assicurato dai cambi di registro che, al posto di disorientare l’audience, conferiscono brio e rendono la trama curiosa e coinvolgente, facendoci dimenticare alcuni passaggi non perfettamente riusciti. Un lavoro effervescente e audace, quindi, che può intrattenere in egual misura giovani e meno giovani, incredibili romantici e solitari cronici, fashion addict e amanti del bello, curiosi e estimatori del cinema fuori dagli schemi. Tra le proiezioni più attese dell’ultimo Torino Film Festival, la pellicola ora si accinge a sedurre il pubblico italiano con i suoi colori e con le sue pirotecniche sorprese.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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