Il film Zona d’ombra, il prezzo della verità

Immaginate di alzarvi una mattina ed essere l’ombra di voi stessi. Di avere sempre strani mal di testa, improvvisi malori, addirittura la percezione che il vostro cervello si disconnetta dalla volontà e vi faccia fare cose insensate, spesso corredate da scatti d’ira. Immaginate che da ottimi padri di famiglia, da uomini quieti, onesti e di successo, all’improvviso vi trasformiate in esseri dissennati, in bancarotta e fusi di testa sino al punto di decidere di farla finita. Ecco la situazione in cui versava il signor Webster prima di morire e lo scenario in cui si apre Zona d’ombra (Concussion), il nuovo film diretto da Peter Landesman con protagonista Will Smith.

Il dottor Bennet Omalu è un neuropatologo forense nigeriano che abita e lavora a Pittsburgh. L’uomo svolge con dedizione, e attenzione quasi maniacale, il suo mestiere, il suo sogno infatti è di affermarsi e diventare un perfetto cittadino americano. Il giorno in cui sul suo tavolo arriva il corpo di Mike Webster, una stella del football che nella sua carriera ha infuso speranza a tante persone, la sua vita cambierà per sempre. Il campione difronte a lui è deceduto senza apparente motivo, cosa che lo porta a non demordere sino alla scoperta della causa: una malattia degenerativa delle cellule cerebrali provocata dai ripetuti ed eccessivi colpi ricevuti alla testa. Il successo per aver scoperto una nuova patologia dura un soffio, l’incubo, le pressioni, i ricatti della National Football League, una delle più potenti corporation del mondo, rischiano invece di travolgere Omalu (e colleghi) e di provocare un esorbitante numero di decessi tra gli atleti.

Will Smith in Zona d’ombra (Concussion) – Foto: Warner Bros. Entertainment Italia

Basandosi sull’articolo “Game Brain” di Jeanne Marie Laskas pubblicato nel 2009 su GQ, dedicato a quanto realmente accaduto al dottor Omalu, Zona d’Ombra ci regala una gran bella performance di Will Smith (trasformato nell’accento, nelle espressioni e nei gesti) e un dramma carico di attesa (soprattutto agli occhi di chi non conosceva i fatti) che ci ricorda come le regole del mondo dello sport siano universali: quando sono in gioco milioni di dollari il business domina e anche un bene prezioso come la salute passa in secondo piano.

Pur essendo una storia di football, peraltro incredibile e che impressiona per il numero e il tipo di vittime, la pellicola da un lato ruota attorno alla persona dall’animo gentile, al signore discreto, all’uomo di scienza determinato e rispettoso e allo studioso tenace; dall’altro denuncia i meccanismi ricattatori in grado di distruggere chiunque, senza tener conto delle implicazioni etiche e/o morali. La dura legge del guadagno vince sulla coscienza e travolge chiunque, comprese le persone che contribuiscono a generare tanta ricchezza. E in questo racconto, velatamente, senza grida, emergono i dettagli, come il razzismo di ritorno dettato dalla disperazione di perdere potere o gli occhi sinceri di un uomo avulso dal sistema che non capisce perché la verità e la conoscenza non siano accolte con benevolenza.

Il lungometraggio di Landesman vince per la discrezione e riesce nel suo intento grazie ad un ottimo cast (al fianco di Smith troviamo Alec Baldwin, Albert Brooks e David Morse) e alla scelta di non eccedere in spettacolarità: con semplicità, quasi con naturalezza, ricorda ciò che è stato e ciò che ogni giorno potrebbe succedere.

Vissia Menza

 

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