È la linea: nera o blu scuro. Precisa, sinuosa, che accarezza elegantemente la curva del viso, scende morbida intorno a una spalla, cade leggera sull’anca, fino a terra. Sensuale, perfetta. Bellissima. Come solo la natura può fare. O l’artista: Alfons Mucha.

Sono i primi giorni di marzo ma a Milano quest’anno il vero freddo non è mai arrivato. Faccio un po’ di coda all’ingresso, come d’uso a Palazzo Reale. Salgo quella scalinata larga, scosto le pesanti tende rosse e finalmente entro nella sala. Ambiante stretto, pareti rosa acceso. La prima impressione: una meraviglia.

Alfons Mucha, Lo Smeraldo, in Les Pierres Précieuses, 1900.

Alfons Mucha, Lo Smeraldo, in Les Pierres Précieuses, 1900.

Manifesti, poster, pubblicità. Colori vivaci, donne bellissime che mi fissano dalle pareti. Mi sento catapultata nella profumata, vivacissima epoca dell’Europa fin de siècle. Un’esuberante brezza di modernità risale le formicolanti strade acciottolate di Praga, Vienna e Parigi. Il vecchio mondo sembra non accorgersi dei prepotenti scossoni che muovono i territori di tutta Europa e che, di lì a poco, porteranno all’immane tragedia del primo conflitto mondiale. Non se ne accorge, o forse, più semplicemente, finge di non preoccuparsene, tuffandosi a capofitto in un dorato, magnifico e brulicante canto del cigno. Scienziati, artisti, intellettuali di ogni sorta si incontrano nei caffè delle grandi capitali, inebriati da un fervente clima di novità. Ed è proprio da questo ambiente, da questa magnifica gabbia dorata cieca ad ogni avversità, che prende piede il Modernismo Internazionale: un gusto diffuso ma sfaccettato, un sentimento che muove ad un tempo tutte le élite culturali europee, ma che di contro si configura in maniera diversa di Paese in Paese. E principe promotore di questa medaglia dalle innumerevoli facce è proprio il ceco Alfons Mucha.

Lo Stile Mucha diviene, negli anni a cavallo tra i due secoli, emblema di bellezza, giovinezza, modernità. Diventa espressione pura e semplice di quel sentire comune che stuzzica il vecchio mondo. Le fanciulle dei suoi manifesti non sono più solo figure belle ed angeliche, ma donne contemporanee nelle vesti di ninfe d’altri tempi. Donne vere, accattivanti, viziose, soddisfatte dei piaceri della vita moderna. Donne che, se da una parte incarnano quel valore universale di bellezza giovanile, dall’altro seducono come terribili femme fatale. Sotto le movenze eleganti delle vesti e le curve sinuose delle chiome mosse dal vento, c’è una donna moderna libera ed emancipata: fuma, indossa i pantaloni, pratica sport e si batte per i propri diritti civili, politici ma soprattutto umani.

Alfons Mucha, Job, 1896.

Alfons Mucha, Job, 1896.

Così si adagia lentamente, abbracciando una testa di serpente, e ci punta addosso quegli occhi verde smeraldo, ingioiellata e compiaciuta[1]. Oppure si sporge un poco fuori dalla finestra, una sigaretta tra le dita, occhi e labbra leggermente socchiusi. Sorride tra sé e sé, mentre un nastro di fumo le circonda il capo e dei biondi, lunghissimi capelli si abbandonano molli nel vuoto[2].

Ecco cos’è lo Stile Mucha. Disegni piatti dal taglio fotografico, calendari e cartelloni intrisi di giapponismo, che mescolano la sfera sacra con la sensualità. Le fanciulle dei suoi manifesti hanno l’aspetto di sante, belle ed eterne; ma sono al tempo stesso tremendamente seducenti. È la donna moderna: elegante, sfaccettata, complicata. Fiore delicato e pietra preziosa. Eterna guardiana del tempo.

Perennemente giovane e bella, eppure attualissima.

INFORMAZIONI

Alfons Mucha e le atmosfere dell’Art Nouveau

Palazzo Reale, Milano

Fino al 20 marzo 2016

www.mostramucha.it


[1] Alfons Mucha, Lo Smeraldo, in Les Pierres Précieuses, 1900.

[2] Alfons Mucha, Job, 1896.