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Room. La stanza. Pochi metri quadrati che possono trasformarsi nel Tutto. Un microcosmo in cui Joy e Jack vivono da 5 anni senza mai vedere l’esterno, protetti dai pericoli da old Nick che si prende “cura di loro”. L’unico punto di contatto con ciò che sta al di fuori è un lucernario troppo distante perché si possa aprire e trasformare in una via di fuga. La porta è blindata e non c’è possibilità di uscita per Joy. Per Jack invece, è diverso: il mondo è solo li, in quella stanza, non ha idea possa esistere altro, non ne conosce le forme, gli odori e i colori. La loro quotidianità è fatta di gioco, di lettura e di televisione, l’unica che regala scorci di un al-di-là al bimbo. Lui e lei sono forti ma un giorno si apre uno spiraglio per (ri)iniziare a vivere, Joy non se lo farà sfuggire e Room esploderà con tutta la sua forza.

Joy è interpretata da Brie Larson, il piccolo Jack è Jacob Tremblay, che nonostante abbia solo dieci anni (è nato nel 2006!) è riuscito ad appropriarsi dei nostri cuori. La sua scoperta del mondo, il suo attaccamento alla madre sono cosi convincenti da non farci avvertire la claustrofobia. Perché Room non è un thriller soffocante, non è una tragedia fatta di immagini violente, ma è un’intensa storia di sopravvivenza e speranza di una donna, di un’estrema prova di coraggio e immenso amore materno, motivo per il quale riesce a dare il meglio una volta che i due sono tecnicamente fuori dall’incubo.

ROOM - Photo courtesy of Universal Pictures

Photo: courtesy of Universal Pictures

Lenny Abrahamson, regista del bizzarro film musicale Frank che aveva conquistato i presenti al Sundance, con questa parabola di salvezza e rinascita porta il suo eccezionale cast all’eccellenza e agli onori dell’Accademy. Proprio Brie Larson (già apprezzata e premiata a Locarno 2013 con Short Term 12) è stata l’outsider dell’edizione 2016 degli Oscar®. Per il ruolo di donna violata, di madre protettiva, di figlia distrutta, è arrivata direttamente sul red carpet più importante del cinema: la sua Joy detta Ma è da applauso e si merita il riconoscimento ottenuto. Così forte e protettiva nel ruolo di guida, così fragile nella sua femminilità. La sua performance seduce il pubblico senza trucchi, senza scene forti, senza immagini morbose.

Proprio le inquadrature e la fotografia livida giocano un ruolo fondamentale. Sono schiacciate, sono spesso dei primi piani impietosi che cercano il dolore negli sguardi e nelle smorfie dei protagonisti senza che nulla venga detto. Più il silenzio s’impossessa delle vite dei nostri eroi, più il dramma si fa largo, più in sala ci rendiamo conto lo sforzo maggiore, per loro e per noi, sta per arrivare.

Room è una pellicola intelligente, coraggiosa, dolce e gentile. Nessun incubo vi attanaglierà all’uscita dalla sala e nessuna violenza turberà il vostro riposo notturno. La bravura di Jacob Tremblay, unitamente alla sgradevole sensazione che quanto visto accada nella realtà potrebbero, invece, sconcertarvi.
Un capolavoro di equilibrio.

Vissia Menza