Speciale Berlinale 2016: il weekend parla francese e assegna i primi premi

Velvet Creative Office © Internationale Filmfestspiele Berlin

Il primo fine settimana di ogni festival è sempre caldo, temperatura berlinese a parte (che è davvero sopra la media). Parallelamente alla kermesse si svolge anche l’EFM (European Film Market), metà Hollywood si trasferisce temporaneamente in Potsdamer Platz e vie limitrofe, e i gala, special screening e i red carpet sono a predita d’occhio. Inevitabile ritrovarsi assaliti da un’incontenibile voglia di dono dell’ubiquità.

Questa è la serata di Tim Robbins: alle 22.30 riceverà, insieme al distributore Ben Barenholtz e all’operatrice tedesca Marlies Kirchner, un riconoscimento importante, la Berlinale Camera. Premio istituito nel 1986 assegnato ogni anno a persone o istituzioni che si sono contraddistinte con il proprio impegno nella settima arte. L’arrivo dell’attore americano in città ha catalizzato l’attenzione di tutti. Vincitore di un Oscar® e un Golden Globe, oltre ad una lista infinita di trionfi ai festival più importanti del mondo (tra cui Cannes nel 1992 per il suo ruolo ne I Protagonisti di Robert Altman), Robbins è uno di quegli artisti poliedrici e devoti alla recitazione che riesce ad eccellere in tutte le varie forme. Regista, sceneggiatore, grande attore, nonché fondatore di una compagnia teatrale (The Actors’ Gang, passata anche per Milano qualche mese fa, qui il nostro post) attiva con un progetto all’interno delle carceri, Robbins sembra avere una inesauribile vena creativa che inevitabilmente viene ricompensata con premi come quello di stasera.

Isabelle Huppert e Roman Kolinka in L’Avenir – Photo: courtesy of Berlinale

A Berlino non ci sono solo esponenti del cinema d’oltre oceano, forte è anche la componente di lingua francese: alle 19.00 ha debuttato nel maestoso Berlinale Palast il nuovo film diretto di Mia Hansen-Løve, L’Avenir, con una più che mai splendida Isabelle Huppert nei panni di una insegnate di filosofia alle prese con la reinvenzione di sé stessa, dopo che la sua famiglia subisce un po’ di rivoluzioni. La forza, la dignità e le uscite di Nathalie (Huppert) le sentiamo un po’ anche nostre, perché quella che vediamo sullo schermo è una storia nota, ogni giorno intorno a noi. La recensione a breve. I motivi per attenderla, sono molti.

È invece in fase di conquista del pubblico il film di Denis Côté, il canadese Boris Sans Béatrice. Boris Malinovsky (James Hyndman) è un uomo di successo, tanto affascinante, quanto arrogante e sicuro di sé, con una splendida moglie e una casa immersa nella natura da togliere il fiato. Ma la sua Béatrice è nella morsa di una forma acuta di depressione e malinconia che l’ha isolata dal resto del mondo. Considerata quasi irrecuperabile, potrebbe ancora avere una speranza se solo Boris si rendesse conto di essere la causa del crollo dell’amata. Sarà un ambiguo personaggio a scuotere l’uomo. Il protagonista è magnetico, le inquadrature sono pezzi d’arte, il dramma è a cavallo tra reale e surreale. Il risultato inebria il pubblico che oggi al FriedrichStadt Palast ha fatto sentire il proprio apprezzamento sui titoli di coda.

James Hyndman e Dounia Sichov in Boris sans Béatrice © Julie Landreville

Domani, mentre il concorso proseguirà la sua marcia verso l’Orso d’Oro. i riflettori saranno puntati sul Presidente di Giuria Meryl Streep e sulla sua masterclass. Stay tuned.

Vissia Menza

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