Il romanzo dello scrittore Seth Grahame Smith Pride and Prejudice and Zombies, liberamente ispirato al celebre Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen, viene portato sul grande schermo dal regista Burr Steers, il quale cerca di raccontare una storia romantica utilizzando una commistione di generi cinematografici che inizialmente può stupire ma, con lo sviluppo della vicenda, risulta ripetitiva e fine a sé stessa, diventando un semplice esercizio di stile. Con l’aggiunta di un’invasione di morti viventi, la trama si dipana in modo identico all’opera della Austen: ci riporta nel diciannovesimo secolo, nella provincia inglese dell’Hartfordshire, a casa dei Bennet, dove i due coniugi sognano solo di vedere sposata, quanto prima, almeno una delle cinque figlie ad un ricco e blasonato scapolo. Ma come vuole la tradizione del romatic drama, i veri protagonisti sono due innamorati che si ritrovano ad affrontare una serie di ostacoli sul loro cammino, tra cui una massa demoniaca di zombie guidata dai quattro cavalieri dell’apocalisse (nettamente in contrapposizione ai cowboy resi iconici da Lucio Fulci nel western I Quattro Cavalieri dell’Apocalisse), prima di poter vivere serenamente il loro rapporto.
Nonostante un’idea di fondo senza dubbio originale, la rappresentazione filmica fatica a manifestare una propria forza e identità espositiva, vagamente prorompente e anarchica, in grado di reggere il confronto con la classica sobrietà e il sottile gioco intellettuale che si respira nell’opera dell’autrice inglese. Nel tentativo di realizzare un lungometraggio che potesse sedurre più generazioni, Steers mette in scena una sorta di “commediasentimentalhorror”, senza però avere il coraggio di estremizzare nessuno di questi generi, che quindi rimangono appena accennati e superficialmente trattati. Nella pellicola è difficile assistere a momenti di vero exploitation o splatter puro e, ancora, ammirare situazioni particolarmente dissacranti o sequenze irriverenti che, in qualche modo, potessero discostarsi dal modello tradizionale e canonico riproposto da Joe Wright nella sua trasposizione di Orgoglio e Pregiudizio con Keira Knightley e Matthew Macfadyen realizzata nel 2005.
Il cineasta americano confeziona con PPZ un’opera patinata, a volte anche piacevole nel raccontare gli intrecci amorosi delle sorelle Bennet, che strizza l’occhio ad un pubblico di adolescenti cresciuti principalmente con i miti (discutibili) di Twilight, Hunger Games e Divergent – La Serie. Parafrasando il capolavoro di Gabriel García Márquez, non più “L’amore ai tempi del colera” ma “L’amore ai tempi degli zombie“. Gli attori protagonisti, tra cui spiccano la bella e impavida Lily James (Cenerentola), il misterioso ed enigmatico Sam Riley e la regina guerriera Lena Headey, sono inseriti perfettamente nel contesto narrativo e riescono, grazie alle loro interpretazioni, a donare al film un tocco di estetismo moderno, fin troppo marcato e ricercato per volontà del regista.
Una raccomandazione: non andate via dopo i primi tre minuti dei titoli di coda, la sorpresa finale deve ancora arrivare.
Cristiano Crippa
Recensione pubblicata anche su CineAvatar.it
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