JOY, la recensione del film con Jennifer Lawrence

“Non pensare mai che il mondo ti debba qualcosa, perché non è così!”

David O. Russell torna sul grande schermo per raccontare la storia di Joy Mangano, una donna intraprendente, indipendente e determinata a seguire i propri sogni nonostante i problemi di una famiglia difficile e nevrotica. A vestire i panni della protagonista è Jennifer Lawrence, affiancata da Bradley Cooper e Robert De Niro, attori feticcio di Russell con cui ha già collaborato ne Il Lato Positivo e American Hustle.

Accantonata la sfortunata parentesi di Accidental Love, commedia bizzarra al centro di una turbolenta lavorazione, in cui lo stesso Russell si rifiutò di comparire nei crediti con il suo vero nome (utilizzò lo pseudonimo Stephen Greene), il regista newyorkese confeziona un biopic sull’inventrice del Miracle Mop, la scopa per pulire i pavimenti, e sull’immagine di una giovane imprenditrice alla quale la vita ha tolto persino la voglia di fantasticare.

Photo: courtesy of 20th Century Fox

Joy descrive un quadro eccessivo e multiforme dei desideri e delle visioni degli americani, sorretto dall’ideale di un self made man (qui woman) che deve combattere contro una società impegnata a distruggere le ambizioni e i progetti innovativi. Come già visto negli ultimi e più recenti progetti di Russell, anche in questo nuovo film è presente l’indagine, quasi spasmodica, della “nevrosi” dei personaggi, di soggetti che portati all’estremo reagiscono con atteggiamenti iperbolici e fuori dalla norma. E c’è persino l’incarnazione della famiglia disfunzionale dove i valori si sono persi e non vi è tempo di cercare l’amore altrove, sia in altre persone o rifugiandosi di fronte a telenovelas di dubbio gusto, piuttosto che salvaguardare i rapporti reali.

Ricalcando con retorica il sogno americano, la pellicola è una commedia dai toni agrodolci incentrata sulla realizzazione personale e professionale di una moderna paladina, capace di sfruttare le difficoltà, chiaramente innumerevoli e drammatiche, per rialzarsi e trovare una propria dimensione individuale.
Jennifer Lawrence, già vincitrice del Golden Globe 2016 e candidata all’Oscar per questo ruolo di madre divorziata alla ricerca del successo, sorregge il peso dell’intero lungometraggio con una più che discreta prova recitativa che va però a scontrarsi con alcuni sviluppi della vicenda oltremodo confusi e, a tratti, inspiegabili.

Photo: courtesy of 20th Century Fox

Dialoghi affrettati, situazioni estreme e momenti grotteschi riescono in alcuni frangenti a strappare un sorriso agli spettatori ma compromettono, in parte, l’esito di un film potenzialmente innovativo. Le figure che gravitano attorno a Joy, inoltre, sembrano caricature di sé stesse e spesso non riescono a esprimere con efficacia la loro parte stabilita all’interno della narrazione. E il finale, momento risolutivo e di affermazione dell’eroe (sintetizzato in un taglio di capelli), è forse troppo scontato e improvviso, poiché lascia quella sensazione di incompletezza che permane per tutta la durata dell’opera. Malgrado i tentativi di generare un prodotto tanto ambizioso quanto complicato, Joy rappresenta un’occasione persa che poteva, e doveva, essere meglio valorizzata. Inconcludente.

Michela Vasini & Andrea Rurali
Recensione pubblicata anche su CineAvatar.it

 

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