Emozioni e suggestioni, un meraviglioso connubio che descrive l’essenza di un ideale immaginario cinematografico e di un luogo prediletto dove il pubblico si lascia trasportare dalla magia che solo il grande schermo e la poltrona di una sala riescono a trasmettere.
Nella storia della settima arte le vie, gli approcci e gli orientamenti seguiti dai registi sono stati infiniti, ma pochi i percorsi e gli stili che hanno segnato diverse epoche, influenzando e condizionando le produzioni dei decenni successivi. Tra questi, il cammino di un artista illustre, un sommo veggente e vate della pellicola, colui il quale ha animato e reso umani i sogni di intere generazioni, attraverso incantevoli poesie visive che mai nessuno potrà eguagliare e tanto meno superare: Steven Spielberg.
Se il cinema americano di oggi vive una fase di fiorente proliferazione di lungometraggi, in debito con le opere provenienti dal passato, il merito è anche del geniale cineasta di Cincinnati che ha cambiato la cultura del racconto, conferendogli una linfa assolutamente luminosa, destinata a preservare il suo valore autentico e anacronistico.
Il viaggio di Spielberg nell’universo del cinema inizia nel 1974 quando all’età di 28 anni firma la sua prima regia con Sugarland Express, un road movie dagli spunti grotteschi sorretto dalle note di un “imperatore della sinfonia” come John Williams. Il legame tra i due segna profondamente il sistema hollywoodiano e il concetto di ‘armonia visiva’, fusione imprescindibile tra le immagini in movimento e la musica, quale tripudio di sensazioni a cui il pubblico non è in grado di rinunciare. Ed è questa l’importanza di una miscela che accompagna i ricordi ed è impressa nel mosaico della nostra mente, dove fra i piccoli frammenti audiovisivi il binomio Spielberg-Williams è custodito gelosamente. A distanza di 40 anni dal debutto, il panorama contemporaneo si è evoluto nel riflesso di Spielberg e con sé anche la raffigurazione del grande cinema. I metodi e le interpretazioni odierne cavalcano l’ondata di quasi mezzo secolo di film che, in un modo o nell’altro, hanno appassionato, unito e fatto sorridere milioni di persone.
Sarebbe dunque riduttivo soffermarsi a stilare poemi didascalici sulla sua straordinaria filmografia, o tentare di descrivere con parole l’entusiasmo e l’eccitazione scaturiti durante la visione dei suoi lungometraggi, poiché Steven Spielberg è un vero esegeta delle emozioni, uno dei pochi in grado di farle dialogare con i sensi ed esprimerle nell’arco delle narrazioni.
Acclamato, osannato, idolatrato, mitizzato in tutto il mondo, il leggendario regista rappresenta l’emblema dell’arte cinematografica a stelle e strisce e il suo linguaggio una dottrina universale, un fede che i cinefili e i sostenitori più romantici praticano da tempo guardando e ammirando senza interruzione le sue opere.
Considerato uno degli oratori più eccelsi e virtuosi della macchina da presa insieme agli eterni amici George Lucas, Martin Scorsese, Brian De Palma e Francis Ford Coppola (i cosiddetti Movie Brats della New Hollywood), Spielberg ha valicato tutte le frontiere della settima arte e, con il suo infinito talento, ha disegnato le linee di confine tra i generi, spaziando dalla fantascienza (in ogni sua forma) all’avventura, dal dramma alla commedia più elevata, dall’animazione ai testamenti politici, dalla guerra al fantasy, dal thriller ai racconti di formazione, dai trattamenti storici a quelli sentimentali. Una lunga serie di capolavori pluripremiati che, dalla metà degli anni ’70 ad sino ad ora, hanno condotto al successo attori (insigniti con l’Oscar), personaggi mitici, creature fantasiose, eroi moderni, figure cruciali della storia del ‘900, e sono impossibili da dimenticare: Lo Squalo, Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, la saga di Indiana Jones, E.T. l’extra-terrestre, Hook-Capitano Uncino, Jurassic Park, Schindler’s List, Salvate il Soldato Ryan, Minority Report, Prova a prendermi, The Terminal, War Horse, Lincoln e infine l’ultima magnifica gestazione Il Ponte delle Spie.
Nel corso di una carriera costruita in oltre quattro decenni, il maestro ha saputo confezionare pellicole immortali, contraddistinte dalla meticolosa perizia tecnica e dall’avanguardia stilistico-diegetica, che ancora oggi preservano qualità inconfondibili come lungimiranza e simultaneità e risultano estremamente attuali se trasposte al nostro spaccato quotidiano. Fantasia e concretezza, finzione e realtà, l’artificio cinematografico è stato il mezzo utilizzato da Spielberg per rivelare storie affascinanti che abbiamo il costante bisogno di ascoltare e vedere. Ma di questo possiamo stare tranquilli, anche ora che, all’alba dei 69 anni (compiuti lo scorso 18 dicembre), è pronto a concludere il nuovo Il Gigante Gentile, adattamento del romanzo The Big Friendly Giant di Roald Dahl, che attendiamo con impazienza di ammirare nel 2016 per restare abbagliati davanti all’ennesima perla di grande cinema, il grande cinema targato Steven Spielberg.
Andrea Rurali
Appassionato di Star Wars e cultore della settima arte, conoscitore del western italiano e del cinema tricolore, sempre aggiornato sulle ultime cine-frontiere e produzioni internazionali (con predilezione per l’Oriente), Andrea è il fondatore del portale CineAvatar.it