Recensione di HEART OF THE SEA: l’epica contemporanea di Ron Howard

 

La locandina italiana del film Heart of Sea

Le origini di un mito, il ritorno di Ron Howard. È dagli abissi più profondi del mare, da quei luoghi misteriosi ricchi di incredibili segreti, che riaffiorano, come per magia, racconti leggendari destinati a far viaggiare la mente nei meandri infiniti dell’immaginazione.

Dopo gli echi roboanti delle monoposto di F1 uditi nel funambolico Rush, il regista americano si tuffa in un volo pindarico tra le pagine indimenticabili nate dalla penna di Herman Melville che contribuirono a donare vigore alla letteratura ottocentesca d’oltreoceano e a forgiare un capolavoro indiscusso dell’American Renaissance intitolato Moby Dick.

Un classico immortale, con uno degli incipit più trionfali di tutti i tempi, rivive nella poetica visiva e nell’estetica del demiurgo dell’epica contemporanea, Ron Howard, abile oratore della macchina da presa in grado raccontare grandi storie attingendo da ogni forma di arte e dalle sue discipline per regalare al pubblico autentiche emozioni. E proprio il pubblico, sovrano indiscusso che giudica le opere e ne stabilisce la popolarità, è la fonte d’ispirazione di ogni regista, sempre attento all’economia e alle tendenze del momento, poiché, come impone la legge del mercato, rappresenta il vero testimone ed emblema dell’offerta pronto a soddisfare le domande risorgenti degli spettatori.

Una scena di Heart of Sea – Photo: courtesy of Warner Bros Italia

Estremamente consapevole dei propri mezzi e con uno spiccato senso di umiltà, merce rare al giorno d’oggi in un mondo governato da superbia e vana gloria, Howard ascolta le richieste comuni e si adopera per soddisfarle, sapendo benissimo che la gente è alla costante ricerca di racconti, di epopee d’avventura e di personaggi a cui affidare le proprie sorti emotive.

Basato sull’ottimo trattamento di Charles Leavitt nonché trasposizione cinematografica del romanzo Nel Cuore dell’Oceano-La vera storia della baleniera Essex di Nathaniel Philbrick, Heart of the Sea assorbe la tradizione del cinema eroico o rapsodico e lo plasma in termini moderni attraverso chiavi ermeneutiche aderenti alla concezione attuale di intrattenimento. Ron Howard rielabora il concetto di epica e, grazie all’utilizzo di forme espressive e paradigmi stilistici, riesce a donare al film un valore più contemporaneo, puntando ad ambientazioni agorafobiche e ad attori dalla brillante presenza scenica per creare un concentrato di pure suggestioni e incantevoli folgorazioni.

Una scena di Heart of Sea – Photo: courtesy of Warner Bros Italia

Pragmatismo e lealtà riaffiorano dal cuore dei protagonisti e da una straordinaria vicenda colma di speranza e spirito di sopravvivenza. La corsa all’oro degli impavidi pistoleri al comando dei gloriosi western diventa, per l’equipaggio della nave Essex guidata dal capitano Pollard (Benjamin Walker) e dal primo ufficiale Chase (Chris Hemsworth), una caccia all’olio di balena con il pericolo di una possibile disfatta, la cui sorte pende dallo scettro inoppugnabile del dio Nettuno. Il regno acquatico con le sue numerose insidie si trasforma in un teatro naturale dove l’ambizioso veterano del mare Owen Chase e il capodoglio bianco Moby Dick combattono per difendere la propria vita fino all’ultimo respiro. Lo scontro serrato tra i duellanti è stigmatizzato magnificamente dal direttore della fotografia Don Mantle che gioca con la luce e sovraespone il diaframma per generare una strepitosa propulsione di colori, in una scala cromatica tra il turchino e il verde, dall’effetto fulmineo e dall’impatto seducente.

L’esemplare regia ha il potere di esaltare la spettacolarizzazione di una vicenda dai contorni drammatici e dal tessuto realistico che, grazie alla perizia tecnica e all’utilizzo di effetti speciali, riesce a rendere l’idea di un’intenzione ben precisa da parte di Ron Howard capace di mescolare azione e sentimento, dinamiche e riflessioni, situazioni adrenaliniche e diagrammi esistenziali con una personale indirizzo esegetico. La lotta per non soccombere mette a nudo l’essenza degli personaggi, portandoli ad assumere comportamenti dettati dal puro istinto primordiale e a compiere gesti macabri.

Una scena di Heart of Sea – Photo: courtesy of Warner Bros Italia

È importante inoltre avanzare una considerazione sul contesto storico in cui è immersa la pellicola: la cattura dei cetacei nell’800 era il principale sistema di provvigione dell’energia e la lavorazione del grasso in olio l’unico mezzo per favorire l’illuminazione artificiale delle lampade a combustione, prima di giungere alla scoperta di un altro tipo di lubrificante estraibile dal sottosuolo che ovviasse al medesimo fine.

Heart of the Sea è l’esaltazione di una figura mitologica promossa dal cineasta americano che sfrutta il nesso temporale per delineare una storia avvincente che esplora il passato e lo reinterpreta al presente, partendo da una semplice costruzione immaginifica per arrivare a rivelare, metaforicamente, una verità, quella di un uomo ormai invecchiato che confessa ad un giovane scrittore, Herman Melville, di aver osservato da vicino la balena più imponente e memorabile di sempre.

Andrea Rurali

Recensione pubblicata in anteprima su CineAvatar.it

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