Il thriller La Isla Minima (Marshland) di Alberto Rodriguez, con Raúl Arévalo e Javier Gutiérrez, vincitore di 10 Premi Goya, è arrivato nei cinema italiani il 3 dicembre 2015. Paragonato da molti alla raffinata serie True Detective, il film ci porta in un paesino andaluso del 1980 al seguito di due investigatori inviati da Madrid a risolvere un caso spinoso. L’impianto classico, le inquadrature e la fotografia sopraffina, un cast a dir poco solido senza mai rinunciare alla sua essenza squisitamente europea, rendono questa pellicola un must see.
RECENSIONE
Il Guadalquivir è un fiume che attraversa l’Andalusia, è l’unico dell’intera Spagna con un traffico fluviale e storicamente è considerato il punto d’incontro tra due culture: quella romana e quella araba. Sulle sue rive, oltre a Siviglia, vi sono per lo più paesi di pescatori, coltivatori di riso, agricoltori. Centri popolati da persone dalla pelle segnata e dallo sguardo greve, in cui non vi è spazio per la gioia e la natura non ha intenzione di fare sconti. Luoghi isolati, in cui tempo pare sospeso che, col calar del sole, fanno salire i brividi lungo la schiena e permettono alle superstizioni di avere la meglio sulla ragione. Un set perfetto per ambientare una crime story che ci opprima, ci tenga col fiato sospeso, ci faccia illudere vi sia un happy ending in stanze bucoliche baciate da un raggio di sole carico di speranze.
Alberto Rodriguez, lo sa bene, e lo scorso anno con la sua La Isla Minima ha sbaragliato la concorrenza aggiudicandosi ben 10 premi Goya. Il regista ci porta indietro nel tempo, nel profondo sud del Paese, in un vero labirinto fatto di fango e risaie a perdita d’occhio in cui la festa del villaggio è l’unica occasione che strappa un sorriso a una popolazione dura e arida come la terra che la circonda. In un periodo politicamente e socialmente teso come il 1980, in cui la nazione stava superando il franchismo, e in cui il sospetto regnava sovrano, due detective molto diversi tra loro vengono spediti da Madrid in questa provincia a seguire il caso della sparizione di due adolescenti.
Accolti con freddezza dalla gente e da (mal) celata ostilità della polizia locale, i due uomini vengono subito spinti a risolvere nel minor tempo possibile la questione. Purtroppo, il ritrovamento dei corpi esanimi delle ragazzine trasformerà la situazione in una caccia al killer immersa in un groviglio di silenzi, segreti e omertà.
La pellicola colpisce sin dalle prime immagini per la perfezione delle sue linee, per quell’orizzonte che s’impone, per le inquadrature che sono scatti in grado di vivere di vita propria, per quella forza graffiante, la luce accecante e il calore che riusciamo a percepire. Siamo anche noi in quei campi e immersi in quel fango. La Isla Minima e la sua trama ci trascinano, inquietano e ispirano. Ciò che stupisce non è l’intreccio né la sceneggiatura (alquanto classica) ma la profondità dei personaggi e la tridimensionalità dei luoghi. Con poche parole azzeccate, i gesti giusti e attenti movimenti di macchina, Rodriguez rende tangibili protagonisti immaginari (interpretati da Raúl Arévalo e Javier Gutiérrez) e per un paio di ore fa rivivere, con disarmante ed efficace lucidità, un’epoca impressa nella memoria di molti.
Dotato di una confezione che nulla ha da invidiare alle migliori produzioni a stelle e strisce, riuscendo a superare opere simili, come Le Paludi della morte, questo film è un piccolo gioiello di equilibrio: sempre in bilico tra suspense e dramma, tra giusto e sbagliato, tra il bene e il male, senza mai impartire lezioni ci regala momenti di ottimo cinema.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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