Albert Einstein diceva: “Non esistono grandi scoperte né reale progresso finché sulla terra esiste un bambino infelice.”
Dall’alto della sua saggezza non sbagliava. Il legame con l’ultima fatica di Emmanuelle Bercot, A Testa Alta (La Tête Haute), presentata in ouverture al Festival di Cannes 2015 (il film esce in Italia in occasione della giornata mondiale dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza), è significativo ai fini della storia e della sua possibile analisi. Qual è il prezzo da pagare per vedere gli occhi di un bambino colmi di gioia e il suo sguardo disteso se durante l’infanzia gli è stato rubato il sorriso?
Un adolescente infelice, un giovane smarrito senza una guida, è l’immagine riflessa allo specchio di una anima triste, avvolta nell’ombra di un apparente cammino di crescita la cui retta via non è mai stata tracciata.
La mancanza o la ricerca di felicità e il distacco emotivo di un ragazzo che non ha avuto una madre capace di seguirlo passo dopo passo, descrivono la parentesi di un tragico dramma esistenziale, infettato di dolore e solitudine, della vita di un essere umano in perenne equilibrio tra ragione e istinto. Per una società che vuole ampliare i suoi orizzonti in nome di un progresso mirato è fondamentale stabilire un contatto con i cittadini più bisognosi e deficitari, tracciando un percorso ‘educativo’ che garantisca loro un futuro e una graduale integrazione comunitaria.Aiutare il prossimo significa creare benessere, diffondere prosperità tra le masse e donare ad ognuno la consapevolezza di poter camminare a testa alta per diventare una parte importante di una macchina in costante movimento. Dunque, l’unione di una collettività solida e assistita favorisce lo sviluppo auspicabile di un paese, al contrario invece, il lavoro del singolo porta inevitabilmente ad uno sterile risultato.
Ed è grazie al lavoro di persone che svolgono con passione e fedeltà il proprio mestiere che esiste ancora oggi una ferma speranza per l’avvenire, la volontà di riuscire a cambiare lo stato dei fatti e a sanare l’insanabile. Giustizia, tenacia e solidarietà, il messaggio lanciato dalla regista francese è chiaro: A Testa Alta focalizza l’attenzione su una pagina triste e spiazzante della storia di un minorenne problematico, “out of control”, e di una famiglia ‘adottiva’ che cerca di salvarlo dalla perdizione con tutti i mezzi possibili per guidarlo verso un’ideale strada che porta alla redenzione. Abbandonato dalla madre all’età 6 anni, Malony (Rod Paradot) trascorre la sua vita tra le mura di un tribunale minorile, dove ad accoglierlo trova Florence (Catherine Deneuve), un esperto magistrato prossimo alla pensione, e Yann (Benoît Magimel), un assistente sociale sopravvissuto ad un’infanzia tormentata. L’opera di metamorfosi e l’evoluzione interiore di Malony è lunga e tortuosa e nonostante gli atti di ribellione e le continue opposizioni alle regole, la coppia di tutori continua a lavorare con la convinzione che prima o poi il ragazzo arriverà a cambiare.
Forte della sua esperienza trascorsa nella giovinezza, quando da bambina andava a trovare lo zio responsabile di un centro di accoglienza per giovani delinquenti, Emmanuelle Bercot è pragmatica nel gestire ‘emotivamente’ e con accortezza il suo operato: con grande capacità legge attentamente le situazioni, utilizza la macchina da presa in modo utile ed essenziale e mette a proprio agio gli attori, lasciandoli liberi di muoversi sulla scena e di sfoderare performance autentiche di incredibile impatto reale. Il film, di stampo autoriale, fotografa lo spaccato sociale della Francia di oggi, dove il sistema e le istituzioni tutelano appieno i diritti dei minori, favorendo l’educazione piuttosto che la repressione e avvalendosi di ottimi rappresentanti che si adoperano con grande umanità e spirito di sacrificio. Tra realtà e attualità, certezze e pregiudizi, A Testa Alta tocca una questione di dominio pubblico, delicata e complessa da trattare, in cui emergono la speranza e la fragilità di un protagonista, l’esordiente Rod Paradot (artefice di una straordinaria interpretazione) e delle sue ‘guide formative’, impersonate da Catherine Deneuve e Benoît Magimel (entrambi brillanti).
Andrea Rurali
Recensione pubblicata in contemporanea anche su CineAvatar.it
Appassionato di Star Wars e cultore della settima arte, conoscitore del western italiano e del cinema tricolore, sempre aggiornato sulle ultime cine-frontiere e produzioni internazionali (con predilezione per l’Oriente), Andrea è il fondatore del portale CineAvatar.it
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