Recensione Fino all’ultimo uomo di Frederic Manning

Il 2015 è carico di anniversari.
In Italia, segna il ricorso dell’ingresso della nostra nazione nel primo conflitto mondiale. In tutto il mondo, riporta alla memoria anche il 1945, anno in cui si concluse la mattanza della seconda guerra globale.
La letteratura, come è ovvio, ha attinto ad entrambi i tragici eventi. E se nella memoria e nel cuore resiste il ricordo indelebile di “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, grazie alla lista dei 1001 libri da leggere ho scoperto una ulteriore testimonianza drammaticamente viva di una delle più terribili carneficine della storia.
“Fino all’ultimo uomo” uscì nel 1929 come opera di “Soldato semplice 19022”, pseudonimo dietro cui – occultandosi dietro il suo vero numero di matricola in guerra – si nascondeva Frederic Manning, poeta e studioso  di letteratura greca. Di questo romanzo, Hemingway affermo: “Un gran libro. Lo rileggo ogni volta per ricordare come sono andate veramente le cose e cos’è realmente la guerra“. Il che, detto da uno come Hemingway, ha decisamente il tono dell’investitura.
Colpisce infatti durante la lettura la mancanza quasi totale di combattimenti. Sebbene ambientate nella Somme, teatro di una serie di offensive che lasciarono sul campo quasi un milione e mezzo di caduti, le pagine del romanzo e le vicende di Bourne, alter ego dell’autore, si concentrano su sensazioni ed emozioni: l’insicurezza, la paura, l’assurdità delle decisioni degli alti gradi, il cameratismo, le serate passate a pensare a casa o a godersi quello che potrebbe essere l’ultimo dei bicchieri.
Io non so se la realtà di un conflitto così assurdo per svolgimento possa essere meglio descritta. Da leggere e rileggere, anche grazie ad un finale davvero memorabile.
SCHEDA LIBRO
Autore: Frederic Manning
Titolo: Fino all’ultimo uomo
Traduzione: F. Genta Bonelli
Editore: Piemme
Collana: Pickwick
Pagine: 348
ISBN: 978-8868367640
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