Ai festival ci sono film che adocchi e poi dimentichi ma sono protetti da un buona stella che, al momento giusto, ti dà una scossa e ti fa correre alla proiezione (e, tra l’altro, ti salva da un acquazzone). LE GRAND JEU (The big Game) è uno di quelli.
Il trio Melvil Poupaud (“Lawrence Anyways”), André Dussollier (“Trois Souvenirs de ma Jeunesse”) e Clémence Poésy (la saga di “Harry Potter”) ha attirato la mia attenzione e la sinossi, che suggeriva una trama a metà tra il noir e il thriller, ha dato la spinta definitiva. Non mi ero sbagliata.
LE GRAND JEU è la storia di uno scrittore che dopo il primo romanzo non riesce a gestire il successo e lascia che sua vita vada alla deriva. Anni dopo si ritrova divorziato e spiantato a vivere in una fatiscente soffitta. Quando gli si presenta l’occasione di fare il ghost writer per un saggio “scomodo”, è quindi obbligato ad accettare. Il libro edito in forma anonima – che finisce subito in tutte le librerie – è un inno alla rivolta, uno strumento per una guerra politica che Pierre non conosce e, soprattutto, non può controllare. Travolto dagli eventi, il nostro protagonista si ritroverà a vivere delle giornate inattese e intense, e a perdere la testa per una donna affascinante con più di un segreto. Il loro incontro sarà davvero casuale?
Il debutto nel lungometraggio di Nicolas Pariser è un film carico di suspense, che intreccia amore e malinconia. Il suo GRAND JEU guarda alla generazione di quarantenni, fotografa una società fatta di giochi di potere da un lato e di gente che si autodistrugge dall’altro, in cui anche la cultura è alla deriva. Si parla di libri e filosofia, d’ideologie fuori tempo massimo e sentimenti sofferti, spesso asincroni. La narrazione è delicata e procede senza tentennamenti, la regia più migliorare ma non perde la bussola e il ritmo potrebbe essere più incalzante ma non assopisce. Nonostante le imperfezioni, infatti, il messaggio ci raggiunge, la recitazione colma qualche lacuna e la suspense ci aggancia tenendoci attenti sino alla fine. Alcune sorprese sono l’ovvia conseguenza delle scelte dei nostri protagonisti, altre invece sono inaspettate e ci intrigano. Pierre invece ci conquista: è così anonimo, perdente, incastrato in schemi che non controlla, è così simile a noi da trasformare la nostra giornata in un successo.
Non è la prima volta che mi ritrovo a elogiare le nuove leve del cinema francese. Sembra che il popolo d’oltralpe abbia una marcia in più e anche quando si tratta di un piccolo film d’esordio, com’è LE GRAND JEU, riesce a intrigare, intrattenere e a confezionare opere che molti cineasti affermati non riusciranno mai ad ottenere. Bravo!
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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