Dejan Stanic è un omone, non è più un giovanotto e vive come un eremita in un luogo isolato immerso nella natura incontaminata. L’uomo non è di molte parole ma appare poco entusiasta della situazione. Il nulla è ovunque e, al posto di rilassare la sua coscienza (e i nostri animi), rende nervosi sia al di qua sia al di la dello schermo.
La cinematografia russa è nota per non essere campionessa di azione e conversazione. Sicuramente, in questo caso, la lentezza e i tanti silenzi colmati dai rumori ambientali è funzionale alla storia: ne sentiamo tutto il peso ma, per una volta, troviamo la cosa coerente con la misera esistenza condotta dal protagonista. I personaggi che lo circondano non brillano in acume e cultura, per lo più sono persone non loquaci che badano solo alla praticità. Sicuramente stanno fornendogli un aiuto prezioso, fondamentale, anche se non sappiamo ancora quale sia.
Mentre scorrono le immagini, nell’attesa che la trama prenda forma, al pubblico in sala non rimane che riflettere. Ciò che, infatti, colpisce è la facilità con cui si entra in sintonia e si prova tenerezza per lo schivo e solitario Dejan. Il problema però sorge nel momento in cui si scopre da quale passato l’uomo si stia nascondendo, cosa non voglia affrontare, il perché di quell’isolamento forzato. Brat è un ex- militare, era un generale durante la guerra dei Balcani, ha molti scheletri nell’armadio. Il rifugio sui monti, a un certo punto, gli imporrà di guardarsi allo specchio e compiere delle scelte e quello sarà il momento in cui anche noi dovremo decidere da che parte stare, se cambiare opinione o rimanere coerenti con la prima impressione. Di sicuro, le persone più a disagio saremo proprio noi.
Il film di Bakur Bakuradze in concorso qui a Locarno, nonostante sia distante dalla mia sensibilità, riesce dove gli altri sino ad ora hanno fallito: centra il bersaglio. L’argomento non è nuovo, ma l’esposizione merita una chance. Nulla è sensazionalistico. Tutto è in equilibrio. La normalità dei due lati della medaglia è disarmante. Non aspettatevi la redenzione del protagonista, lui è il più forte, ha il pieno controllo della situazione.
BRAT DEJAN non è una storia di rettitudine ma un film sul lato debole dell’essere umano che, con estrema semplicità, riesce a mandarci in crisi. Provare per credere.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”