Locarno. Day 2. Il Festival entra nel vivo. Ci sono 37 gradi all’ombra ma, sotto la tenda dello Spazio Cinema Forum col sole a picco delle 14.00, la gente pare non accorgersene. Sono tutti in fibrillazione per l’arrivo del divo hollywoodiano che all’età di 45 anni e poco più ha lavorato con attori del calibro di De Niro e Marlon Brando e con i migliori registi a cui un attore può ambire (Woody Allen, Spike Lee, Ridley Scott, Wes Anderson e Alejandro González Iñárritu, solo per citarne alcuni). Abbiamo assistito alla prima delle conversation di Locarno68: quella con Edward Norton.

© MaSeDomani

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L’attore, nonostante il caldo asfissiante, è arrivato puntuale all’appuntamento al fianco del Direttore Artistico del Festival Carlo Chatrian per ripercorrere la sua carriera insieme al pubblico che ha sfidato la calura pur di trascorre un’abbondante ora in sua compagnia.

Da “Schegge di Paura”, il suo primo film, sino al recente “Birdman”, abbiamo sentito aneddoti dal set, scoperto trucchi per entrare nelle parti più difficoltose e peculiarità dei registi con cui ha lavorato (pare che Iñárritu sia una persona molto particolare e che Wes Anderson sia ancor più ironico e abile di quanto traspaia dai suoi acuti e anticonvenzionali capolavori).

È così che abbiamo scoperto che sin da giovane Norton amava il cinema; che in età non sospetta scrisse lettere da vero fan a Spike Lee; e che Woody Allen era uno dei suoi modelli sin da ragazzino quando vedeva (e discuteva) i suoi film con la madre, insegnate di letteratura. Non osiamo quindi immaginare lo stupore e la soddisfazione che debba aver provato anni dopo quando si è trovato a lavorare con tutti loro. E, in effetti, è emerso che durante la lavorazione di “The Score” era talmente offuscato e confuso, dall’idea che si era fatto di Robert De Niro, da non riuscire a rimanere concentrato e calarsi correttamente nella parte assegnatagli.

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Cresciuto a Batimora e laureato a Yale, Edward Norton ha vissuto per un periodo in Giappone e ha iniziato la sua carriera dividendosi tra il teatro e le sceneggiature per la TV, anche se oggi – ironicamente – pur riconoscendo le potenzialità delle nuove frontiere televisive, non le prende in considerazione. Così come, non se la sente di scrivere romanzi ma preferisce continuare ad adattare quelli di altri al grande schermo. Anche in regia, dopo una prima esperienza con “Tentazioni d’amore”, ha deciso di attendere che i tempi fossero maturi e solo ora, a oltre quindici anni di distanza, sembra che l’attesa sia quasi finita.

L’impressione avuta è stata quella di essere difronte una persona quieta, serena, con le idee chiare, cosciente sia dei propri punti di forza sia dei limiti, molto attenta al particolare e alle parole usate. La giornata non era delle migliori, eravamo tutti provati, quindi gli perdoniamo si non aver fatto un mini-show “all’americana” in cui, probabilmente, molti facevano affidamento. Ma, forse, ha ragione lui: le aspettative talvolta ci offuscano la mente e ci fanno vedere le persone molto diverse da come sono realmente.

Vissia Menza

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