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Fossi un minimo esperta di calcio, sicuramente troverei l’esempio giusto.
Ma il calcio per me è una di quelle cose che mi rimangono a distanza e guardo da lontano, senza nemmeno il minimo trasporto e, soprattutto, mi lascia totalmente indifferente.
Cioè. Davvero, di calcio non so nulla.
E se avrò un figlio lo iscrivo a rugby, giuro. O a basket. O a tennis. O a nuoto.
Ma il calcio, vi prego no.
(ok, potete partire col lancio libero di insulti variegati)

Io immagino ci siano decine e decine di esempi, nel mondo calcistico, che si presterebbero a spiegare cos’ho pensato di quest’ultima raccolta di Benni.

Ma non ne ho accesso. Allora mi tocca riesumare i ricordi scolastici, che invece di quelli ne ho a bizzeffe.
E la frase in questione (scontatissima e banale, giàsssssolllo), è quella che più di tutte la mia povera mamma (come immagino migliaia di povere mamme) si è sentita ripetere durante la mia ben poco sfolgorante carriera scolastica: “ha ottime capacità, ma non si applica”.

Non so se c’è qualcosa di peggio, a dire il vero.
Forse sarebbe preferibile un: “guardi, signora, davvero, sua/o figlia/o sta facendo il massimo, è che proprio non c’arriva”; chè, almeno, si aprirebbe la strada della rassegnazione e dell’accettazione.

Invece no, il “halecapacitàmanonsiapplica” è una roba che non lascia scampo. Fa piombare su di te la terribile mannaia delle responsabilità.
Se hai le capacità e non ti applichi sei un delinquente, un poco di buono, imperdonabile.
Suona come la peggiore delle accuse, non esistono attenuanti per la categoria di persone che spreca i propri talenti.

Sinceramente mi trovo in difficoltà, ora.
Perché ho vissuto per anni la condizione di appestata testè descritta. E nel frangente ho sempre rivendicato il diritto a non sviluppare le capacità infuse gratuitamente dal Destino.
Voglio dire: le capacità sono mie e me le gestisco io.
Chi cavolo ha detto che sono obbligata a metterle a frutto?
Dove sta scritto che devo per forza diventare un genio della musica se mi è stato dato un buon orecchio?
Nei comandamenti, ad esempio (i quali mi sembrano tutti suggerimenti di comportamento piuttosto ragionevoli e anche globalmente laici) non c’è scritto da nessuna parte.
E se ne vogliamo fare una questione legale, pure: non sono a conoscenza di nessun articolo della costituzione o del codice di diritto civile o penale che prescriva in alcun modo l’obbligo di sfruttare al massimo le proprie capacità.

Rivendico il diritto di non farlo.
Di lasciare che i talenti vadano sprecati.
Che le potenzialità rimangano inespresse.
Di fare il minimo.
Di non sfondare.
Di non applicarsi.

Checcavolo.

Certo però che se mi chiedi dei soldi per leggere i tuoi libri… Bhè, la questione cambia.
O no?

H2O

SCHEDA LIBRO
Autore: Stefano Benni
Titolo: Cari mostri
Editore: Feltrinelli
Collana: I narratori
Pagine: 256
ISBN: 978-8807031373

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