Evan Lake è uno stimato agente veterano della CIA, un gran motivatore, un ottimo oratore, oggi costretto al pre-pensionamento. Troppi, infatti, gli scontri coi vertici dell’organizzazione e evidenti sono i primi sintomi di qualcosa che non può più controllare. Ed è proprio questo “qualcosa” (che non vi svelerò) a spingerlo nelle braccia di un’ultima missione apparentemente impossibile: stanare il nemico di sempre, il terrorista Muhammad Banir.
Con al fianco il suo giovane protetto Milton Schultz, l’arzillo pensionato spicca quindi il volo prima alla volta del Vecchio Continente, poi dell’Africa. Under cover come ai bei tempi, rischiando il tutto e per tutto, infischiandosene delle regole e dei moniti, l’uomo è determinato a vincere la guerra con i suoi demoni e a chiudere una partita rimasta in sospeso troppo a lungo.
IL NEMICO INVISIBILE è il nuovo film scritto e diretto da Paul Schrader con Nicolas Cage nei panni del determinato agente Lake. Un thriller dalla forte componente drammatica, che vorrebbe catturare nella sua spirale di sofferenza e redenzione il pubblico, ma riesce solo ad assopirlo. Purtroppo la trama non brilla, la recitazione è statica e non vi è traccia di suspense. Il che rende l’opera, nel suo complesso, la fotocopia di storie già lette e già viste e offusca quasi del tutto il tentativo di narrare i diversi livelli della morte.
E ora le cose si complicano: attorno a questa pellicola vi sono state parecchie polemiche. Scritta e diretta da Schrader, autore di sceneggiature del calibro di TAXI DRIVER e di AMERICAN GIGOLO, pare, infatti, che sia stata montata dalla produzione escludendo del tutto il regista. Motivo per cui oggi sia lui, sia il produttore esecutivo Nicolas Winding Refn (!), sia Nicolas Cage e il coprotagonista Anton Yelchin si sono dissociati da quanto è appena arrivato nelle sale cinematografiche. Ragione però non sufficiente a farci rivalutare una storia senza brio, incapace di ammaliare lo spettatore.
IL NEMICO INVISIBILE è un vero inno alla noia: la trama è soporifera; il ritmo è claudicante; la recitazione di Cage rasenta l’inespressività (renderlo canuto non è bastato a togliergli l’espressione da pesce lesso); e non si capisce per quale motivo Yelchin debba bisbigliare a denti stretti, con un fare da moribondo che sta per svelare un segreto esplosivo al suo amico di una vita, dato che il “giovanotto” della situazione è proprio lui. Che sia davvero tutta colpa del montaggio? Non credo. Narrazione e ritmo possono subire le scelte errate della produzione ma la recitazione non ha giustificazioni.
Personalmente, dopo gli ultimi flop, credevo che nessuno puntasse ancora su Cage per gremire le sale durante il solleone, evidentemente mi sbagliavo. Ritengo però che se fosse andato direct-to-video, o in anteprima su qualche pay-TV, avrebbe fatto la gioia di molte più persone. Film accomodante, perfetto per i palinsesti pomeridiani di una domenica novembrina.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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