“Creata da Le Nôtre tra il 1680 e il 1683, la Sala da Ballo all’aperto è chiamata anche il Boschetto delle Rocailles, a causa delle pietre e delle conchiglie, appositamente importate dalle coste africane e malgasce, su cui l’acqua scorre a cascata. Al centro, un’ “isola” in marmo, facilmente accessibile, serviva alla danza, arte in cui Luigi XIV eccelleva. I musicisti stavano sopra la cascata e, di fronte, un anfiteatro con gradinate coperte d’erba permetteva agli spettatori di sedersi.” Così recita sobriamente il sito ufficiale del Castello di Versailles, ma Alison Deegan, soggettista e co-sceneggiatrice del film, sembra non essere affatto d’accordo: troppo noiosa la storia vera, infiocchettiamola un po’, cominciando con inventarci una protagonista.
Sabine de Barra è una trentenne da poco vedova. Il marito la stava lasciando per un’altra, per di più sottraendole il figlio con l’inganno, quando la loro carrozza si è ribaltata. Entrambi sono morti sotto i suoi occhi. Per superare il trauma Sabine si è buttata nell’attività che ha sempre amato e che il marito le vietava di esercitare, non ritenendolo adatto alla sua posizione sociale: la progettazione di giardini.
Quando viene a sapere che l’architetto e giardiniere di corte Monsieur André Le Nôtre sta cercando progettisti collaboratori per completare alcuni settori dell’immenso giardino di Versailles, sfida ogni convenzione e si presenta con alcuni suoi progetti. Sono molto diversi da quelli simmetrici e perfetti a cui Le Nôtre, di una famiglia di Giardinieri Reali da tre generazioni, era abituato: sono ariosi, piacevolmente disordinati: soprattutto sono nuovi.
Le Nôtre ha un moto di ribellione, la sua posizione a Corte è ormai consolidata e decide di rischiare assegnandole l’incarico: il Re ama molto ballare, lei gli realizzerà una sala da ballo come non se ne sono mai viste. Nascono subito problemi con le maestranze, che non accettano di farsi dare ordini da una donna, ma vengono risolti. Un ostacolo imprevisto è invece la moglie di Le Nôtre, una ricca dama sposata per convenienza. Fra loro vige una sorta di “matrimonio aperto”: ognuno ha una vita sessuale autonoma, purché non si sappia in giro. Ma questa volta si rende conto che l’attrazione fra suo marito e Sabine non è solo banalmente fisica, è anche spirituale e intellettuale. E così, pur di sabotare il progetto, arriva a far allagare il giardino quasi terminato pochi giorni prima dell’inaugurazione. Ma i “buoni” vinceranno e la “cattiva” dovrà ingoiare il rospo.
L’illustre critico di The Guardian Peter Bradshow ha scritto una recensione di A LITTLE CHAOS intitolata “Un po’ di caos – un sacco di concime”. Non sarei così drastica, ma chiunque conosca almeno un po’ la storia e i costumi francesi e abbia una qualche dimestichezza con il giardinaggio, davanti a molti particolari di questo film non potrà che inorridire. Siamo d’accordo che i romanzi e i film storici abbiano diritto ad un’inevitabile “licenza di ricamare”, ma qui la verosimiglianza è andata del tutto a farsi benedire. Tanto per cominciare André Le Nôtre nacque nel 1613 ed ebbe tre figli da un matrimonio lungo e felice, e nessuna mezza nobile arrivista, gelosa e cospiratrice fra i piedi. E quando il Bosquet des Rocailles fu terminato nel 1683, il buon uomo (“le bonhomme Le Nôtre” era il suo abituale soprannome) aveva 70 anni: all’epoca un’età più che veneranda, che di sicuro lo teneva al riparo dalle tentazioni della carne, fossero anche state quelle della voluttuosa, ma del tutto immaginaria, Kate Winslet.
In effetti il ruolo era stato in origine pensato per il 68enne Alan Rickman che, entusiasta del progetto, ha invece preferito dedicarsi (ahinoi!) alla regia e interpretare il ruolo del Re Sole (come dargli torto, ha colto l’occasione: in quest’epoca di repubblicani miscredenti i ruoli di Sovrano Assoluto Unto dal Signore scarseggiano) – solo che a quei tempi Luigi XIV di anni ne aveva 40.
La parte del Reale Giardiniere è così andata al 38enne Andreas Schoenaerts. Adorato dalle fan fin dai tempi del virilissimo pugile di UN SAPORE DI RUGGINE E OSSA, stavolta ha buttato tutto il suo rude sex-appeal alle ortiche, palesemente impacciato nei costumi d’epoca e ridicolamente irriconoscibile sotto una fluente parrucca da pubblicità dello sciampo. “Che ci faccio io qui?” è la domanda che gli si legge in viso per tutto il tempo. E dell’altrettanto imparruccato Stanley Tucci, fratello apertamente gay del Re, ne vogliamo parlare?
Un altro marchiano errore storico: Sabine è ricevuta nel suo salotto privato (una giardiniera? ma figuriamoci!) dall’amante ufficiale del Re Madame de Montespan e si ritrova a consolarla perché è stata appena “liquidata” in favore di una donna più giovane. Peccato che la nuova concubina, poi moglie morganatica, Madame de Maintenon avesse cinque anni di più della Montespan. E che dire della successiva conversazione fra dame, una specie di gruppo di auto-aiuto per madri derelitte e mogli trascurate: più che anacronistico semplicemente ridicolo.
La protagonista Kate Winslet è caparbia e appassionata come ci si aspetta, ma fra lei e il povero, ingessatissimo Schoenaerts non c’è la minima parvenza di attrazione. Sono inoltre assolutamente sprecate Jennifer Ehle come Montespan e soprattutto la grandissima attrice drammatica Helen McCrory come Madame Le Nôtre. Alan Rickman gigioneggia alla grande nel ruolo del Re Sole, salvo in una scena di totalmente surreale conversazione privata. E dovrebbe smettere di fare il regista. Il suo primo film L’OSPITE D’INVERNO (1997) era una storia contemporanea e intimista: non ha fatto troppi danni. Qui invece si dimostra totalmente incapace di manovrare la macchina da presa, indulge in lunghi primi e primissimi piani di marca televisiva, e per tutto il film non si vede una sola panoramica dei giardini di Versailles: sarà perché, per ragioni di budget, è stato girato interamente in castelli e ville del National Trust inglese (!).
E’ ora di parlare di giardinaggio: il conflitto fra ordine e caos è stato in effetti centrale nella progettazione dei giardini fra il 17° e il 18° secolo, così come fu di quell’epoca l’introduzione della topiaria nei parterre. Ma del nucleo del film, di quel benedetto giardino “caotico” ovvero naturale, non c’è traccia perché non fu mai realizzato: il Bosquet de Rocailles è quanto di più simile agli studiatissimi giardini rinascimentali italiani vi sia in Francia.
E qualcuno di grazia sa spiegarmi per quale miracolo nei giardini di Luigi XIV ci sono varietà di rose selezionate a fine ‘800? E nel vivaio di Sabine delle calle (o Zantedeschie), che arrivarono in Europa dal Sud Africa alla fine del ‘700? D’altronde anche ne IL GLADIATORE appaiono delle rigogliose bouganville, che furono scoperte in Brasile dal navigatore – appunto – Monsieur de Bouganville nel 1768: evidentemente i consulenti cinematografici storici e quelli di giardinaggio sono spesso dei mangiapane a tradimento.
Concludendo: produzione BBC, grande cast, sono andata al cinema piena di aspettative – e ne sono uscita totalmente delusa e anche un po’ arrabbiata; per quanto mi riguarda il peggiore “bidone” di questa stagione cinematografica.
M.P.
Casalinga per nulla disperata, ne approfitta per guardare, ascoltare, leggere, assaggiare, annusare, immergersi, partecipare, condividere. A volte lunatica, di gusti certo non facili, spesso bizzarri, quando si appassiona a qualcosa non la molla più.