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Negli Stati Uniti ci sono alcuni nomi che se pronunciati in una conversazione sono garanzia di attenzione e religioso silenzio. Alice Waters, Ruth Reichl, Julia Child e Cecilia Chiang per i palati fini sono delle vere icone, dee da venerare incondizionatamente. Se le prime tre dame sono balzate sotto i riflettori più e più volte, tra biografie, trasposizioni cinematografiche, premi e onorificenze, probabilmente l’ultimo nome dell’elenco non vi suonerà altrettanto familiare, anche se – ironicamente – la signora Chiang non è da meno ed è la più anziana, la più ossequiata, la più amata, e l’unica che abbia dato lezioni alle altre regine dell’alta cucina.

Cecilia Chiang è nata nel 1920 a Pechino in una facoltosa famiglia. Era la settima figlia di dodici pargoli cresciuti nell’agio, nel rispetto delle trazioni ma con un occhio ai tempi che stavano rapidamente cambiando. Cecilia ha ricevuto un’istruzione superiore, ha studiato, ha viaggiato, ha lavorato, ha insegnato e cambiato tante cose, perché è una donna forte con una storia unica. Udire aneddoti della sua infanzia in una sontuosa abitazione, tra antiche abitudini, amorevoli genitori e profumate pietanze, ci riempie il cuore e annebbia la vista. Chiudendo gli occhi possiamo distinguere i colori, sentire gli odori e vedere luoghi e cibi che non abbiamo mai esplorato.

Dopo un’estenuante fuga per sopravvivere alla Rivoluzione Culturale, la donna si è rifatta una vita più di una volta. Il suo destino era negli Stati Uniti dove per caso divenne un’imprenditrice, una rinomata ristoratrice, un impareggiabile chef, grazie a quelle tradizioni che la sua lucida mente custodiva gelosamente.

Photo: courtesy of 25° FCAAAL

Photo: courtesy of 25° FCAAAL

Questo lungo preambolo perché la signora Chiang è la donna che ha fatto conoscere all’America l’autentica cucina cinese. Il suo ristorante, il Mandarin, a San Francisco era considerato una imprescindibile meta non solo da chi fosse in vena di cibo etnico. I piatti che si potevano gustare entro quelle mura erano diversi, un vero trionfo di colori, sapori e aromi che facevano esultare le papille gustative degli ospiti. La chiusura di quella mecca culinaria e l’assenza dei suoi banchetti ha lasciato un vuoto incolmabile soprattutto perché Cecilia è una delle poche persone (se non l’unica) a detenere una memoria culinaria destinata a perdersi nel tempo.

SOUL OF A BANQUET è il piccolo documentario con cui il regista Wayne Wang (Orso d’argento a Berlino con ”Smoke”) ci fa entrare nella casa di Cecilia Chiang, ci fa narrare direttamente da Alice Waters e Ruth Reichl come fossero le cene al Mandarin, ci mostra la preparazione di un vero banchetto e ci fa sospirare difronte ai capolavori che escono dal forno. Il film, dopo una prima parte dedicata agli aneddoti e a qualche doloroso ricordo, lascia infatti spazio al cibo e a quel punto le immagini ci rapiscono e fanno sognare. Seguiamo con attenzione dalla lavorazione alla presentazione, cogliamo alcuni segreti per una cottura ottimale, e vediamo le reazioni degli ospiti di Cecilia alla vista dei piatti. Alla fine, pure noi siamo inebriati e ci illudiamo di esser stati a quella tavola, di aver gustato pietanze di un mondo lontano eternate in una terra altrettanto lontana dalla nostra.

Vissia Menza

SOUL OF A BANQUET  è stato proiettato al 25° Festival del Cinema Africano  d’Asia e America Latina attualmente in corso a Milano, fa parte della sezione Films that Feed, dedicata alle tematiche EXPO 2015, ed è uno dei tre film che potrete gustarvi comodamente sul divano di casa, andando sulla piattaforma Live di MyMovies. I dettagli sul sito del festival (cliccate QUI