Recensione della commedia SE DIO VUOLE

Papà Tommaso è un impegnatissimo cardiochirurgo, mamma Carla è una benestante annoiata e frustrata, la primogenita Bianca è nullafacente, vuota e sciocca, in famiglia le speranze sono tutte rivolte nei confronti di Andrea, un bravo ragazzo che, seguendo le orme del padre, è iscritto alla facoltà di medicina, sino alla sera in cui fa un annuncio importate. Tommaso e Carla credono di essere preparatissimi, sono sicuri che il figlio tanto riservato (che esce sempre in compagnia di un amico) stia per fare coming out. Una rivelazione ci sarà, che però riuscirà a prendere tutti in contropiede: era l’unica non contemplata, inimmaginabile, fuori dal ventaglio delle possibili uscite di un figlio moderno.

© Claudio Iannone

Andrea ha deciso di entrare in seminario! E questa notizia getta nello scompiglio tutta la famiglia. Papà (Marco Giallini), nonostante si professi un liberale convinto, un genitore comprensivo e obiettivo, non riesce a credere alle sue orecchie e decide di pedinare il figlio per scoprire chi l’abbia fuorviato, perché deve esserci per forza un colpevole (!). E, cosi, una sera incontra Don Carlo (Alessandro Gassmann), un prete carismatico, trascinatore di folle, un uomo fuori dagli schemi che proprio per questo è tanto amato e seguito dai giovani. Approfittando del ritiro spirituale di Andrea, Tommaso deciderà di “far tornare in sé” il figlio screditando il suo mentore. Alla fine, però, le cose non andranno nel modo preventivato bensì molto meglio di quanto sognato e sperato.

Edoardo Falcone è al suo esordio dietro la macchina da presa ma con le sceneggiature ha dimestichezza ed è palese sin dal primo minuto. “Se Dio vuole” è una di quelle piacevoli sorprese a cui non ero preparata. È una commedia scoppiettante già in apertura e continua con ritmo, senza sbagliare un’uscita, sino ai titoli di coda. Ha un cast che funziona e che pare essersi divertito, cosa che conferisce un plus al film e che lo eleva a esordio di potenziale successo (speriamo).

© Claudio Iannone

L’argomento trattato è insolito ed è stato per lungo tempo quasi intoccabile, quindi osare tanto, in un momento in cui parlare di religione, di famiglia, di tolleranza è spinoso, merita un applauso a parte. E il modo con cui è affrontata la vocazione è leggero, non volgare, mai scontato e riesce a regalarci un miracolo: ci porta a riflettere sulle ipocrisie della nostra società, sul grado di non-apertura mentale di molti e sulle dinamiche familiari sempre con il sorriso, senza troppa morale, lasciandoci la possibilità di non badare al lato più serio e di rimane in sintonia con Bianca.

La pellicola è veloce, efficace, divertente, sagace. Evita filippiche religiose, non ci indica la retta via, non impone un pensiero. È adatta ai giovanissimi in cerca di divertimento; ai più grandi, che bramano stimoli per pensare; e agli estimatori del cinema italiano. Perché, alla fine, i presupporti di questa storia sono molto reali: sareste pronti ad accogliere con gioia e orgoglio un figlio che nel 2015 vi dovesse dire di essere stato folgorato dalla figura di Cristo al punto di bramare l’abito talare? E siete sicuri che una tale uscita, dopo avervi fatto sussultare, non acuisca le eventuali incrinature della quiete domestica?

Vissia Menza

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