Recensione romanzo Denti bianchi di Zadie Smith

Si dice che la maturità si raggiunga a poco a poco, con l’aiuto dell’esperienza (personale e altrui), con l’incontro, con il passare del tempo che inevitabilmente smussa degli spigoli e trasforma quegli assetati di posizioni guelfe o ghibelline in individui in grado di ragionare e di cogliere le sfumature del grigio.

Poi c’è chi è toccato da una grazia particolare e raggiunge, per non so quali incroci di cromosomi e di vicende familiari, una visione nitida della complessità del mondo fin dalla giovane età. E’, senza dubbio alcuno, il caso di Zadie Smith, ed è una considerazione supportata dalla lettura (meglio, rilettura) del suo primo romanzo, un’opera letteraria con cui si è letteralmente rivelata al mondo: “Denti bianchi”.

Nato e pubblicato durante i suoi anni universitari a Cambridge (si, esatto, la fanciulla aveva 24 anni…), “Denti bianchi” vuole essere, e ci riesce perfettamente, una fotografia di Londra e delle forze sotterranee che la agitano, be distanti dai panorami da cartolina e dalle impressioni fugaci catturabili nella più classica delle tre-giorni-tre turistica. Un magma ribollente che evidenzia conflitti socioculturali e generazionali su cui vale la pena imbastire un racconto.

La Smith ci presenta due famiglie: i Jones, padre inglese grigiamente tradizionalista, moglie giamaicana e figlia che risulta un divertente sunto dei due, e gli Iqbal, bengalesi con due figli gemelli che ritraggono perfettamente la seconda generazione di immigrati con una identità fatta di radici lontane e integrazione complessa.

Spero che le tematiche principali del romanzo siano evidenti fin da questo abbozzo di trama: da una parte, il celebrato multiculturalismo londinese è descritto in tutti i suoi aspetti, inclusi quelli più deleteri. Una critica che non riguarda, naturalmente, l’impossibilità di una integrazione, ma che vuole sottolineare la forza e il dramma di chi si è strappato dalla sua terra alla ricerca di un futuro migliore.

“In questi giorni ho la sensazione che quando si entra in questo paese si fa un patto con il diavolo. Si consegna il passaporto, si riceve un timbro, si vuole guadagnare qualcosa, si comincia… ma allo stesso tempo di vuole tornare indietro! E chi vorrebbe mai restare? Freddo, umido, miseria; cibo orribile, giornali spaventosi… e chi vorrebbe mai restare? In un posto dove non si è mai benaccetti, ma solo tollerati […] all’improvviso non sei più adatto al ritorno, i tuoi figli diventano irriconoscibili, non appartieni più a nessun posto”.

Parallelamente, il conflitto culturale e sociale lascia spazio ad un confronto generazionale: tra genitori solidamente ancorati alle proprie origini e figli alla disperata ricerca dell’approvazione dei coetanei, il dialogo non può che diventare complesso. La storia dell’amicizia fra i ragazzi è anche la storia di chi non riesce del tutto a comprendere, e che avverte un vuoto impossibile da colmare:

“Millat aveva ragione: i loro genitori erano persone danneggiate. Senza una mano, senza denti. I loro genitori erano pieni di informazioni che i figli volevano conoscere ma avevano paura di ascoltare”.

Se riuscite a superare il nervosismo per una che a meno di venticinque anni scrive così bene, da leggere a ogni costo.

Alfonso d’Agostino

SCHEDA LIBRO
Autore: Zadie Smith
Titolo: Denti bianchi
Traduzione: Laura Grimaldi
Editore: Mondadori
Collana: Oscar contemporanea
Pagine: 552
ISBN: 978-8804595090

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