A Marsiglia un giudice e un malvivente si sono dati battaglia per una decade. I due si sono sfiorati, incontrati, senza mai arrivare alle mani. Volevano sconfiggersi senza imbracciare il fucile. Tutto iniziò nel 1975 quando la French Connection era “l’eccellenza” per cui era nota la città. Il giorno in cui il giovane giudice Pierre Michel venne trasferito da Metz a Marsiglia, con l’obiettivo di ripulirla dal malaffare, le cose cambiarono. L’uomo, infatti, si tramutò presto in un moderno crociato dichiarando guerra all’efficiente, a prima vista intoccabile, organizzazione criminale capeggiata da Gaetan Zampa.
Da un lato c’era Pierre Michel, che credeva nella giustizia ed era convinto di poter debellare il traffico che aveva reso Marsiglia (e la Francia) tanto famigerata; dall’altro c’era Zampa, un uomo affascinante, intelligente, un marito e padre premuroso, un figlio destinato sin da piccolo a succedere negli “affari” di famiglia. I destini di entrambi, dal momento in cui s’incrociarono, furono segnati.
Cedric Jimenez ci riporta all’epoca dei fatti con un film francese sino al midollo. Il suo “French Connection” ha trama, inquadrature e attori tali da riuscire a dar vita ad un gran poliziesco: riprendendo la gloriosa tradizione del cinema d’oltralpe anni ’70, ma senza farci rimpiangere i vecchi polar, anzi, inchinandosi a essi, non scivola in patetici scimmiottamenti e mantiene costante il ritmo.
Il lavoro del regista marsigliese (!) colpisce, infatti, per più di un motivo. Per la fotografia e la meticolosa ricostruzione degli ambienti, di un periodo storico in cui la moneta era il Franco; per il rigore con cui segue le regole della suspense, leggera nell’azione e altissima nel thrilling; e per il duello tra i protagonisti, intenso, naturale, efficace, da applauso.
Con Jean Dujardin e Gilles Lellouche in stato di grazia (magnetici e magnifici), l’opera ci trascina a forza al fianco del cast, ci fa indossare camiciole bizzarre, scarpe con la zeppa e gli immancabili Ray-Ban, e ci porta nelle vie di una Marsiglia che non è quella di oggi. Soffriamo, ci spremiamo le meningi e incrociamo le dita tutto il tempo, in attesa di un finale che, abbiamo la certezza, non sarà lieto nel senso comune del termine.
Ispirata a eventi che ha lasciato una cicatrice indelebile nei francesi, la pellicola ci rimette in pace con il cinema, soprattutto europeo: è sobria e mai pesante, intensa ed elegante, accurata e priva d’inutili accanimenti su crudeltà e sangue. E la trama è talmente coinvolgente da non farci percepire come una sofferenza i suoi 135 minuti di durata.
“French Connection” non è un’opera impolverata per nostalgici, né un reboot per giovanissimi, o la versione attualizzata e tecnologica del grande cinema del passato. È un racconto appassionato e appassionante di un capitolo nero. È una storia di finzione che parla d’ideali, eroi e speranze, argomenti che mai come oggi fanno bene. È adatto a tutti.
La visione è quindi consigliata sia a coloro che c’erano all’epoca dei fatti sia a chi non era nato; a chi seguiva gli eventi sui giornali e a chi riuscì a rimanere all’oscuro; agli estimatori dei polizieschi e a chi non conosce i polar. È un film che si adatta e sa intrigare. Vedere per credere.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”