Ultima domenica di febbraio: come ogni anno ho passato la notte incollata davanti alla tv per assistere all’assegnazione degli Annual Academy Awards, per gli amici Oscar. Erano 8 i film candidati alla categoria principale, ma ben 60 i titoli presenti per tutti quei premi più tecnici – scene, costumi, trucco, fotografia, montaggio, effetti speciali video e sonori ecc. – spesso ignorati dal grande pubblico. Mentre sono quegli artigiani/artisti a costituire l’autentico potente scheletro su cui si regge l’industria dello spettacolo cinematografico.
Proprio questi premi “tecnici” sono stati assegnati a GRAND BUDAPEST HOTEL di Wes Anderson, che avrebbe meritato ben altro. Frances Hannon e Mark Coulier hanno vinto il premio per il trucco (qui sopra un’irriconoscibile Tilda Swinton) e Adam Stockausen e Anna Pinnock per le scenografie. L’italiana Milena Canonero è arrivata al suo 4° Oscar per i costumi, mentre il francese Alexandre Desplat, giunto all’ottava candidatura, ha conquistato il premio per la migliore colonna sonora.
A fare incetta dei premi maggiori è stato meritatamente BIRDMAN. Alejandro González Iñárritu ha vinto 3 volte: in qualità di produttore per il miglior film, come regista e come autore della migliore sceneggiatura originale. E migliore fotografia è stata votata quella dell’eccellente Emmanuel Lubezki, già vincitore l’anno scorso per GRAVITY. Tutti quanti messicani nella troupe tecnico-produttiva, ha fatto sarcasticamente notare con una battuta Sean Penn all’apertura della fatidica busta: “Chi ha messo una carta verde qui dentro?”.
Coi suoi 3 milioni di dollari WHIPLASH vanta il record di film candidato all’Oscar con il budget più basso della storia, eppure è riuscito a portarsi a casa tre premi meritatissimi. Il montaggio di Tom Cross è davvero travolgente, magnificamente legato, quasi un tutt’uno, con lo splendido mixaggio sonoro di Craig Mann, Ben Wilkins e Thomas Curley. Quello per cui facevo il tifo è invece J.K. Simmons, in Italia noto ai più come psichiatra in LAW&ORDER o capitano in THE CLOSER, mentre è un attore teatrale con i fiocchi, che nella parte del sadico insegnante di musica si è guadagnato eccome il premio di migliore attore non protagonista.
Come migliori protagonisti la vittoria è andata a Julianne Moore in STILL ALICE e a Eddie Redmayne in LA TEORIA DEL TUTTO, ottimi entrambi, per carità, ma ennesima dimostrazione che a Hollywood malattie terminali e infermità incurabili “tirano”. Il premio per la miglior canzone a Glory dal non eccezionale SELMA chiude la trilogia perbenistica della serata. Solo briciole agli altri titoli: una risicata statuetta al bellissimo BOYHOOD (migliore attrice non protagonista Patricia Arquette) e al supercandidato THE IMITATION GAME (sceneggiatura non originale di Graham Moore).
Uno scatenato Neil Patrick Harris ha guidato la serata con grande professionalità e ritmi da sergente maggiore, tutto ha funzionato al millimetro. Il momento più emozionante, del tutto imprevedibilmente, ha avuto come protagonista Lady Gaga. Appena truccata, avvolta in un vaporoso abito bianco stile meringa (che non riusciva a nascondere gli estesi tatuaggi) ha eseguito con eleganza e con un’ottima voce da soprano un medley da TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE. Ed è stato davvero commovente il suo abbraccio con Julie Andrews, chiamata a ricordare il 50° anniversario del film.
E di Meryl Streep, ne vogliamo parlare? Candidata per la 19ª volta – come impone una legge dello Stato della California, ha detto scherzosamente Jared Leto durante la presentazione – ha illuminato il palco con la sua sola presenza, chiamata a ricordare tutti quelli che quest’anno sono mancati, da Mickey Rooney a Elizabeth Peña, da Alain Resnais a Mike Nichols, da Robin Williams a Lauren Bacall: tutti loro, per tanti anni, ci hanno fatto divertire, pensare, sognare – hanno fatto CINEMA!
M.P.
Casalinga per nulla disperata, ne approfitta per guardare, ascoltare, leggere, assaggiare, annusare, immergersi, partecipare, condividere. A volte lunatica, di gusti certo non facili, spesso bizzarri, quando si appassiona a qualcosa non la molla più.