Un commento al film ANGELICA

Durante il weekend appena concluso, costellato di eroine in costume, abbiamo visto anche il film ANGELICA. Tra le proiezioni Special di Panorama, questa pellicola si preannunciava ricca di suspense, con tendenze horror, molto avvincente. E, in effetti, l’opera  era  gotica, cupa, sudata e un po’ impolverata.

©Berlinale

La storia è ambientata nella Londra di fine ‘800 e narra dell’amore finito in tragedia tra una giovane orfana e un medico di origini italiane. Il loro era un matrimonio voluto e felice, ma con la nascita della piccola Angelica, triste realtà fece irruzione: Constance, la nostra protagonista, non potrà più avere bimbi e dovrà stare lontana dal piacere, altrimenti potrebbe accadere il peggio. Inizia quindi una forzata astinenza in nome del sentimento che lega i due giovani, destinata a corroderli, amplificando ogni sensazione e timore.

Come se non bastasse, con lo scorrere dei giorni, mesi e anni, scherzano col fato sino a rasentare la follia. Constance inizia ad avere incubi, sospetti e bizzarre visioni. Esatto, il sistema nervoso le crolla ogni giorno un pezzettino e il marito inizia a non saper più cosa sia giusto o sbagliato e, il giorno in cui avrà un tentennamento, commetterà un grave errore.

© Berlinale

La pellicola diretta da Mitchell Lichtenstein (già, è proprio il figlio di Roy, nonché il regista di “Denti”) alle spalle ha una buona storia, la suspense e la componente pseudo-horror sono ben calibrati, il cast è solido, ma qualcosa non va. La platea non riesce a prenderlo sul serio e a lasciarsi irretire. E anche volendo puntare al lato mélo, la passione è troppo dichiarata e poco travolgente. Tutto rimane in superficie. Il brusio diviene, quindi, un sottofondo sempre più fastidioso, man mano che svanisce la speranza che le cose migliorino.

Sia chiaro, il film è godibile e curioso. Consigliato a chi ama la letteratura su grande schermo e a chi non sa rinunciare a film ben confezionati anche quando si tratta di B-movie. Ipercritici, perfettini, storici per diletto, forse, questa opera non si confà al vostro fiuto infallibile.

Vissia Menza

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