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Due giorni e una notte è tutto il tempo che Sandra ha per scongiurare il peggio. “Due giorni, una notte” è una corsa contro il tempo, l’inevitabile, lo sconforto. È l’aggrapparsi sino alla fine alla speranza che la sfortuna non si accanirà. È un’iniezione di fiducia in sé stessi. “Due giorni, una notte” è il film, diretto dai fratelli Dardenne, con cui il Belgio concorre agli Oscar® 2015,  fotografia  gentile e durissima dei tempi moderni.

Sandra, la protagonista, non sta bene, vuole chiudere gli occhi, lasciarsi andare e non pensare. Ha avuto un periodo di malattia, la depressione le ha tolto il sorriso e sino all’ultimo venerdì credeva di non avere più energia, si sentiva allo stremo, anche noi ce ne siamo accorti. Ma la prova più dura doveva ancora arrivare e scoprirà di non voler essere un agnello sacrificale, di avere una forza innata che la porterà a lottare sino allo stremo.

Photo: courtesy of BIM Distribuzione

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Questo fine settimana Sandra non avrà, infatti, tempo per dormire, mangiare o divertirsi, dovrà correre, bussare alle porte, far ragionare persone che faticano a vivere quanto (e più) di lei. Sandra ha solo il sabato e domenica per convincere i colleghi a preferirla a un bonus. Ma i soldi, con gli stipendi di oggi, servono. Anche poche centinaia di euro fanno la differenza, ecco la triste realtà. Siamo ridotti talmente alla disperazione che pur di mangiare dobbiamo essere pronti alla legge della giungla, in cui non c’è spazio per i deboli.

La magnifica Marion Cotillard è Sandra.
L’attrice dimentica a casa il trucco, i vestiti glam e i tacchi alti. Si presenta sul set scialba, stanca e con occhiaie che paiono naturali quanto le nostre. Con indosso solo un paio di jeans, lontani dall’avere un taglio moda, e con una canottierina per nulla fashion (con tanto di spallina del reggiseno color carne in bella vista), la Cotillard si getta in un vero tour de force fisico e psicologico che travolge tutti: lei, la sua Sandra e noi in platea.

Photo: courtesy of BIM Distribuzione

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Non è facile parlare della crisi economica e dei suoi risvolti emotivi, di quello scudo dietro cui molti si trincerano per (non) fare, senza scivolare nei luoghi comuni e narrare un drammone talmente tragico da risultare comico-grottesco. I due registi dimostrano una lucidità fuori dal comune, sono attenti e hanno le idee chiare. Sanno comunicare col pubblico di ogni età, con delicatezza ma senza fare sconti.

I fratelli Dardenne, non ci fanno inveire contro qualcuno in particolare, che sia “il sistema”, “lo Stato” o “l’azienda”, né ci fanno piagnucolare pensando alla sventura di Sandra, ci mostrano un amaro scorcio di vita quotidiana. Lo fanno con semplicità, senza schiamazzi e lasciano a noi la scelta di come reagire. La gente è spietata, inacidita e crudele. Ha un’anima ma preferisce dimenticarla. Non c’è più spazio per principi e codici morali, lo sciacallaggio in tutte le sue forme domina. Ma questa è la mia opinione dopo aver visto un film intenso, disarmante, con una gran prima attrice, Marion Cotillard.

Vissia Menza

n.d.r. Se siete curiosi di leggere le impressioni a caldo, scritte dopo la visione del film a Cannes 2014, le trovate QUI