Domandona illustrata per i milanesi: siete in grado di posizionare geograficamente e storicamente questo aggeggino che vi mostro qui sotto?
Se vi si è illuminato – il termine, come vedremo, non è a caso – lo sguardo, vi faccio i miei complimenti: vivo a Milano ormai da una quindicina di anni e questa mi era sfuggita.
Se non avete la più pallida idea di che cosa sia, invece, beh, eccovi la storia del “rattin”.
1867: anno di inaugurazione della Galleria Vittorio Emanuele II e della sua splendida cupola, posta nella parte centrale sopra l’ottagono che ospita, tra le altre cose, il mosaico del toro superdotato. Una tale meraviglia andava naturalmente illuminata anche di sera, compito non semplice in una città che non aveva ancora inaugurato la sua prima centrale elettrica: arriverà nel 1883, prima in Europa e seconda al mondo, posizionata a due passi dal Duomo (nell’immagine che segue noterete immediatamente la ciminiera sulla destra).
L’illuminazione interna della Galleria, quindi, era necessariamente a gas e si basava su una serie di ugelli posti in corrispondenza della base della cupola. Già, ma come accendere ogni sera tutte quelle fiammelle posizionate a più di 30 metri di altezza?
Ed ecco il genio milanese all’opera: viene realizzato un anello di rotaia che corre alla base della cupola e – come una sorta di trenino – sui binari viene posizionato il modellino ritratto nella prima foto. Sulla sua sommità un tampone intriso di liquido infiammato passava davanti a tutti gli ugelli dopo essere stato acceso e…
“il topolino si slancia velocemente, colla sua coda infiammata, attorno alla base della cupola, lasciandosi dietro, fra il sussurro dei suoi ammiratori, una fitta scia di fiammelle, un vero diadema di luce, che diventa un lusso di cortigiana che vuol sbalordire, allorché altri mucchi di fiammelle schizzano, dai ricci di ferro penzolanti dalla volta. All’onda d’oro del gas, alla luce argentina delle lampade che sfolgorano dalle vetrine del Caffè Gnocchi, la Galleria, da bazar si trasforma in salone”
Topolino in milanese di dice rattin. E l’accensione serale delle fiamme doveva essere davvero uno spettacolo da togliere il fiato.
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
Leave a Comment