Il bimbo osserva curioso l’ipnotizzante vorticare del mestolo della nonna che amalgama con sapienza acquisita negli anni e precisi ritmi quasi primordiali gli ingredienti della tanto sospirata “torta della domenica”. I colori si fondono nella terrina in un vortice vagamente somigliante ad un sistema solare…. galassie alla crema e cioccolato….. quasar di nocciole.
Già, ma il bimbo mica è li per indottrinarsi alla cucina, e li perché, 99 su 100, ci scappa la leccata finale del mestolo. Ma proprio il mestolo non ne vuol sapere di intopparsi a dovere di crema e la nonna, intuendo il dramma allucinatorio che scorre negli occhi del piccolo nipotino si sbilancia e pronuncia una frase che suona alle orecchie del pargolo come musica celestiale alle schiere angeliche: “Tesoro hai famona? Ora nonna ti fa l’ovetto sbattuto”. Eh si, proprio quella micidiale amalgama di uova e zucchero capace di svegliare un rinoceronte dopo la pennica; mix di zuccheri insaturi devastanti per la salute dentale e parimenti sublime gaudio dell’odontoiatra. Pochi secondi di frenetici colpi di cucchiaio e il contenuto e’ svaporato, ma il godimento e’ talmente afrodisiaco che permetterà al tenero nipotino di sganciarsi dalla cucina e atterrare nuovamente sul divano dove, ebbro e satollo, riprenderà beatamente la visone dei cartoni animati.
Casole d’Elsa, provincia di Siena, 35 anni dopo; 1:30 del mattino di una fresca notte di villeggiatura estiva, moglie a letto e io (il bimbo naturalmente cresciuto) solo in sala con tv 15 pollici Mivar sintonizzato (male) su un noto canale pubblico. Trasmettono un agghiacciante film giapponese sottotitolato (in italiano grazie a Dio) a cui sto dedicando l’unico neurone rimasto sveglio nella mia scatola cranica (l’altro suppongo sia schiantato alla sigla iniziale con vista di samurai su sfondo Tokio). Decido di ravvivare la serata sbafandomi qualche cosa di dolce ma il frigo piange, fatto salvo uno yogurt globoide alla pera visibilmente scaduto da almeno un mese. E allora ecco la scintilla, l’illuminazione!!!
Mi faccio l’ovetto sbattuto!!!! Dai l’avrò visto fare centinaia di volte alla mia nonna, che ci vuole? Uova ci sono, zucchero pure, e via con la preparazione. Due uova rotte, con poca classe lo ammetto, in una scodella e via col cucchiaio!!!
Subito mezzo uovo decide di andare a farsi un giro sotto il divano; troppa forza, con calma, ma come e’ liquido!!! Ci vuole più zucchero allora spolvero ben bene… Ma che cacchio succede, sembra… cemento a presa rapida … e… li… ricordo l’immagine delle nonna che separando gli albumi mi diceva: “questi non servono li teniamo per altro”. Cazzo ho montato anche i bianchi!!! Butto tutto e rifaccio da capo; due tuorli disintegrati (i bianchi sa il Signore come li smacchierò dalla tovaglia) , zucchero a iosa e via di manovella. ma perché comunque va a schifio il tutto? Come cacchio si fa a ruotare il cucchiaio a 317 km/h come faceva la nonna, io faccio 3 giri con la lingua di fuori e devo contare le macchie sul soffitto. Il risultato finale e simile a quel beverone di uova che Rocky Balboa ingolla appena sveglio la mattina prima di iniziare gli allenamenti.
Vado a letto con un vago senso di nausea e con una profonda delusione nel cuore.
Domani vado a comprami un ricettario e poi vi dico.
“Il vocabolario Treccani definisce il termine strano come “diverso dal solito o dal comune, dal normale, molto singolare, tale quindi da destare meraviglia, stupore, curiosità”. E’ esattamente il campo di applicazione del Bori, mente geniale in grado di raccontarci anomalie gustose e divertentissime.”
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