Günther Bachmann è un omone, è tedesco, è una spia dell’anti-terrorismo ed è bravo da far venire i brividi. Riflessivo, attento, risoluto, un po’ sballato, con un fiuto da segugio, Bachmann svolge il suo mestiere egregiamente in purgatorio: è di stanza ad Amburgo dove, da tempo, osserva un accademico, mussulmano, illuminato e importante. Il nostro protagonista è, infatti, convinto che qualcosa non quadri ed è determinato a smascherare le “donazioni” che il Professore sovente fa a favore di una compagnia cipriota.
L’investigazione si complica il giorno in cui in città arriva un misterioso giovane, privo di documenti, che reclama una pesante eredità. La trama s’infittisce e una lunga partita a scacchi tra Berlino e Amburgo prende il via coinvolgendo i vari intelligence che hanno a cuore la lotta al terrore. “La Spia – A most wanted man”, trasposizione su grande schermo del romanzo scritto da John le Carré, ha un incedere inesorabile, la storia è mozzafiato, e la suspense regna sovrana.
L’autore, noto al grande pubblico per un altro libro che ha dato vita a una pellicola che fece furore quale “La Talpa”, di nuovo, ci travolge e trascina in una lotta contro il tempo (e la stupidità umana), con maestria e decisione. Le redini questa volta sono affidate al regista olandese Anton Corbijn il che, inizialmente, mi ha fatto tremare non poco. Lo confesso, non amo Corbijn.
Fan della prima ora di band come i Depeche Mode, i REM, i Nirvana e molti altri artisti che hanno affidato la propria immagine (e i videoclip delle loro hit) al regista, sono sempre stata perplessa dal risultato finale. Corbijn è un ottimo fotografo, ma non sono mai riuscita a individuare la genialità dei suoi video, per non parlare della qualità della regia di “The American”, che ho trovato distante anni luce dall’eccellenza. Quindi oggi, con gioia mi accingo a tesserne le lodi.
Ammetto di non aver letto il libro di Le Carré, ma il film che mi è stato mostrato (non doppiato né sottotitolato) aveva un impatto visivo, sonoro e recitativo da togliere il fiato. “A most wanted man” ha una regia sicura e attenta, un cast perfetto che non ha sbagliato un sospiro o una battuta, e un protagonista mastodontico, come solo Philip Seymour Hoffman poteva fare. L’attore ci ha lasciato ricolmi di ricordi, tante le interpretazioni, mai uguali, sempre convincenti, che rimarranno a lungo nella memoria collettiva.
Anche in questa pellicola tutto il suo carisma emerge nel suo agente Bachmann. Respiriamo con l’uomo, sentiamo l’odore delle sue sigarette sulle nostre dita, avvertiamo la tensione al punto da arrivare sudati e stremati alle battute finali. Addirittura inveiamo con lui. Tutto proviamo e subiamo. E, alla fine, non possiamo che alzarci in piedi ad applaudire a questo grande attore di cui sentiamo già la mancanza.
“La Spia”, in sala dal 30 ottobre 2014, è un thriller, è una spy-story, è un’avventura senza tregua per appassionati di storie di politica, spie, buoni e cattivi, insomma, è adatto a tutti.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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