“Il Giovane favoloso” è stato presentato alla 71° Mostra del Cinema di Venezia ed è stato accolto con soddisfazione da critica e pubblico. La storia di Giacomo Leopardi, scrittore all’avanguardia, giovane ribelle, ragazzo gracile e sfortunato che non si diede per vinto e si avventurò per l’Italia, passando da un salotto colto gremito dei migliori letterati all’altro, senza paura di sfidare famiglia e male lingue, ha un non-so-che di moderno, soprattutto alla luce del fatto che sia vita vissuta due secoli fa. Leopardi era una mente fine e d’immensa cultura, ne era cosciente, e fu motivo dei molti sogni di gloria e di fuga dal luogo triste e isolato in cui nacque.
Nonostante oggi sia difficile distinguere il confine tra i sogni, i racconti romanzati e quelli reali, con molta probabilità l’uomo era davvero tanto geniale quanto pieno di sé ed era piccolo, esile e molto malato (si presume avesse il diabete e/o la celiachia nonché una malattia degenerativa delle ossa a causa della consanguineità dei genitori). Sta di fatto che, malgrado il dolore fisico e mentale, egli riuscì ad andarsene dal paesino di provincia, a conoscere l’Italia e a conquistare la notorietà.
Leopardi oggi è considerato uno dei più importanti autori del mondo, motivo per cui chiunque tremerebbe all’idea di vestire i suoi panni e/o di conquistare il pubblico di una sala cinematografica. Mario Martone, invece di vedere le difficoltà, ha posto la sua attenzione sul potenziale dell’uomo, acuto osservatore del mondo e dell’animo umano.
D’altro canto il nome del regista ha un’eco forte, che scalda l’animo degli amanti del teatro. Siamo, infatti, difronte a una di quelle persone che non ha rinnegato le sue origini e non si è lasciata sedurre dalle vie più semplici. Il suo regno è ancora quel piccolo e intimo palco, dove far emergere dalla carta personaggi, rendendoli reali e credibili, richiede un notevole sforzo, soprattutto alla luce dell’inevitabile giudizio di un pubblico che non si accontenta. Ed è portando in scena “Le operette morali” (di Leopardi) che Martone decise di avventurarsi nella vita del genio di Recanati per farne un film.
La pellicola vanta un ottimo cast e nei panni non semplici dell’enfant prodige c’è Elio Germano, col suo talento in continua crescita, che qui con incredibile naturalezza s’incurva e si chiude in sé stesso man mano che la trama si svolge. L’attore ci convince di essere Leopardi grazie a quella lenta trasformazione fisica e grazie allo sguardo curioso e spiritato che ha il suo personaggio mentre si sente imprigionato nelle mura domestiche, mentre spia gli amanti fiorentini, mentre soffre a Napoli. Germano è BRAVO e merita un applauso.
Il film invece mi ha fatto soffrire un pochino. Cosciente di quanto siano difficili da declamare gli scritti di Leopardi e ammettendo di essere sensibile all’autore, mi ha stupita la sovente lettura dei suoi versi da una voce fuori campo (quella dello stesso Germano mentre inquadrato e intento a fare altro), quasi fosse mancato il tempo per trasporli in efficaci dialoghi. Così come il rallentare ogni sequenza, sino a provocare diffusi sospiri, è parso più un inconsueto modo di rendere partecipe il pubblico della sofferenza del protagonista che non una svista.
Se la volontà era di fare un’opera “rock”, che ponesse l’accento sulla ribellione del personaggio e sul suo essere avanti rispetto al tempo in cui viveva, perché la seconda parte del film a tratti rallenta e si trascina? E ancora, se da un lato la commistione tra musica classica e accordi più moderni, che inizialmente stranisce, acquisisce un suo perché; dall’altro, disorienta l’assenza di una tesi, di un’opinione, di una direzione chiara che evidenzi il capo e la coda della pellicola.
Nonostante l’accurata confezione e gli altisonanti versi, nonostante le migliori intenzioni entrando in sala e la speranza di inneggiare al capolavoro, “Il Giovane favoloso”, nel suo insieme, purtroppo, non ci ha travolti. Peccato.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”