Ci sono libri che vanno letti in precise condizioni mentali. In qualche caso, non sarebbe neppure male accompagnare il volume con un foglietto illustrativo simil-posologico, quasi a mo’ di medicinale. Qualcosa tipo “Si consiglia di non superare le 30 pagine quotidiane, altrimenti finisce subito” (da inserire nella confezione di un romanzo della Bender) oppure “Questo libro può causare alcuni effetti indesiderati quali secchezza delle fauci e dubbi sulla opportunità dell’universalità del voto elettorale” (accompagnando un Moccia qualunque).
Se “Rumore bianco”, uno dei quattro romanzi di De Lillo inseriti nella lista dei 1001 libri da leggere qualsiasi cosa succeda, potesse essere accompagnato da un foglietto di questo genere, probabilmente dovrebbe riportare: “Può provocare tristezza endemica e duratura”.
“Rumore bianco” racconta un anno di vita di Jack Gladney, professore universitario di un college degli Stati Uniti, noto per essere stato il primo a compiere studi appronditi su Adolf Hitler fino alla creazione di una vera e propria cattedra sull’argomento. La sua famiglia è tipica espressione dello sfascio sociale dei nostri tempi: lui stesso e Babette, la nuova moglie, hanno figli da precedenti matrimoni, alcuni già fuori casa, altri ancora conviventi. La satira sulla vita familiare e, parallelamente, su quella accedemica è feroce, tipica della penna di un autore certamente non semplice da affrontare ma sempre in grado di raccontare qualcosa.
Nella sua seconda parte – ed è uno stacco quasi brutale – il romanzo vira decisamente sul nero. E intendo nero, non noir: un incidente ferroviario innesta una nube tossica che minaccia i protagonisti, costringendoli ad una evacuazione che, di fatto, annulla tutte le differenze di ceto o classe fra gli abitanti della città. Jack rimane esposto all’agente chimico, comincia a riflettere sulla morte, e scopre che anche la moglie ha da mesi la stessa fortissima fobia, al punto da aver intrapreso tentativi di cura con un discusso farmaco in grado di alleviare la paura della fine-vita.
Appaiono chiare le tematiche care a De Lillo e affrontate in “Rumore bianco”: la critica del consumismo, la disintegrazione del tessuto sociale e delle famiglie, un certo “intellettualismo” – termine orripilante, me ne rendo conto – che sottrae spazio alla capacità di pensiero. La narrativa di De Lillo delude raramente, e non è certo questo il caso; eppure, ho avvertito una certa stanchezza, come se il peso delle pagine mi stesse gravando eccessivamente addosso.
Come dire? “Può provocare tristezza endemica e duratura”. Siate pronti.
Alfonso d’Agostino
SCHEDA LIBRO
Titolo: Rumore bianco
Autore: Don DeLillo
Editore: Einaudi
Collana: Einaudi tascabili scrittori
Codice ISBN: 9788806173913
Pagine: 394
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Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.