Alan è un bel pezzo d’uomo, ha un appartamento meraviglioso, ha un lavoro di successo, è meticoloso e attento. Ma Adam conduce una vita da eremita al punto che durante le trasferte di lavoro si fa rimuovere il televisore dalla camera d’albergo per non avere distrazioni.
Mike è un signore che potrebbe essere nostro padre, è un mentore, una guida, un sostegno per coloro che hanno perso la retta via e sono cascati nel gorgo della dipendenza.
Neil sognava fin da bambino di fare il medico, era un nerd senza amici, ma alla fine ce l’ha fatta. Purtroppo ha il vizio di strusciarsi sulle donne in metropolitana. Si becca una denuncia e perde tutto.
E poi c’è Dede che, sin da piccolina, ha sviluppato un modo singolare di scacciare l’ansia e ora, per recuperare, deve andare ad un gruppo di sostegno in cui i partecipanti sono per lo più uomini e – come se non bastasse – dipendenti dal sesso.
Queste persone, imperfette, quindi molto umane; tanto diverse tra loro, ma tremendamente simili a noi; un giorno s’incontrano e da allora si supporteranno vicendevolmente nelle battaglie quotidiane. Perché tutti e quattro hanno in comune una stanza, quella delle riunioni dei sesso-dipendenti, e tutti e quattro hanno raggiunto il punto di non ritorno.
Stuart Blumberg, sceneggiatore candidato all’Oscar® per la commedia “I ragazzi stanno bene”, per il debutto in regia sceglie di dirigere una dramedy che si addentri nell’intricato mondo dei sentimenti, delle relazioni amorose all’ombra della frenesia dei nostri tempi, delle dipendenze, del potere della forza di volontà.
Autodisciplina, onestà, rispetto di sé e degli altri, e seconda chance sono i pilastri di un racconto che viene narrato senza giudicare ma con la speranza che alla fine vi sia un premio. “Fai la cosa giusta” è lo slogan per continuare un cammino che sarà per tutta la vita. La realtà dei gruppi di sostegno e delle dipendenze è mostrata cercando di strapparci più di un sorriso e ricordandoci che alla fine possiamo farcela.
Blumberg dimostra di conoscere l’intimo umano, è abile nell’addentrarsi nelle difficoltà del vivere e narra con sobrietà un po’ di tutti noi. Sul set chiama di nuovo Mark Ruffalo insieme ad un cast stellare del calibro di Tim Robbins, Gwyneth Paltrow, la cantante Pink, Josh Gad e Joely Richardson. Il suo “Thanks for Sharing” ha pochi personaggi, quanto basta però per approdare in futuro nell’intimo di un teatro.
Non stupisce che il film stia spopolando in questi giorni sui canali Cinema di SKY: titolo, trama e cast sono davvero accattivanti. Un vero campione in TV, passato in sordina nei cinema (forse) sotto casa. Il motivo? Probabilmente il fatto che sprizzi americanità. Lo stile narrativo (è una dramedy), il supporto musicale, i luoghi e le performance fotografano una realtà che ha più di una differenza con la nostra a partire proprio da come venga affrontato il problema della dipendenza.
“Thanks for Sharing” è una pellicola velata da sottile tristezza, non strappa lacrime ma fa sospirare e meditare. È solido, credibile, auspicabile. A suo modo è quindi una favola ironica e delicata che piace, infine, anche al di qua dell’oceano.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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