Ultimo rush di segnalazioni dei film visti a Locarno67 che meritano qualche riga e che potreste recuperare in uno dei Festival della prossima stagione. Prima della grande chiusura, questo post è per un ospite ricorrente sulle sponde elvetiche del lago Maggiore. Un uomo a cui piace esplorare le varie sezione del Festival presentando opere sempre diverse e, a differenza di quanto si pensi, per nulla scandalose. Nel 2012 gareggiava in Cineasti del Presente con “Les mouvements du bassin“,  a questo giro era in Signs of Life con “Fils de”. Oggi parliamo di HPG.

© Festival del film Locarno

© Festival del film Locarno

Sign of Life è giovane, ha tre anni, ma riscuote successo con una programmazione sotto più punti di vista audace. Prima di tutto per l’orario (è in concomitanza con i film nella fascinosa Piazza Grande), poi perché propone uno sguardo sulla nuova frontiera della comunicazione audiovisiva. L’avanguardia dell’avanguardia, in cui potrete trovare opere di nomi emergenti al fianco di cineaste più affermati.

È il caso di Hervé Pierre-Gustave, in arte HPG, attore e regista di film per adulti, che da alcuni anni si guadagna buone recensioni per i suoi lavori d’autore, che appartengono alla cinematografia sprovvista delle rinomate tre x, e che in questo 2014 presenta in prima mondiale  “Fils de” (tradotto in modo creativo in “What’s Your Job Daddy?”).

HPG ci illude che il suo sia un film di finzione, poi ci destabilizza portandoci sul terreno del documentario, personalissimo e poco editato, dedicato alla crisi che sta avvenendo dentro le mura domestiche e dentro di lui, e alla fine ci rendiamo sia volutamente un ibrido. È la storia di un uomo, è il manifesto di una persona che condivide un momento della sua vita e lo elabora attraverso ciò che sa fare meglio, l’uso delle immagini.

© Festival del film Locarno

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“Fils de” a tratti è un mea culpa, in altri momenti è l’espressione egocentrica di un uomo abituato ai riflettori  e che ha paura dell’età che avanza, in alcuni passaggi è l’espressione esuberante di una sindrome di Peter Pan di ritorno, in altri momenti è mostra tutta la debolezza dell’essere umano, per una volta realmente nudo a dispetto degli abiti che indossa. HPG riesce a parlare di sé facendoci dimenticare chi sia il personaggio che il protagonista si è costruito (soprattutto in Francia). Perchè, i suoi dubbi e i problemi sono ovunque e prescindono da scelte di un passato differente da quello dell’uomo della porta accanto. E con maestria il regista riesce a far passare un messaggio importante e forte.

Il lavoro di HPG mostra del narcisismo, ma più preponderante appare la volontà di superare le avversità e di approfittare dei vantaggi della maturità. Hervé riesce a fare un salto in avanti, e tanta forza rinfranca gli spettatori: non è mai detto che il domani sia peggiore del presente e che il passato (e i suoi fantasmi) siano la nostra condanna. La speranza non manca, ora sta a noi andare avanti.

Vissia Menza