Avendo adorato più o meno ogni pagina dei romanzi di Haruki Murakami, ho vissuto spesso quella curiosa scenetta in libreria che nessun ebook store potrà mai eguagliare: prendere in mano “Underground”, leggere qualche pagina, convincermi, muovere verso le casse, essere attirato da un romanzo, tornare indietro, lasciare “Underground”, andare a casa con il dubbio di aver rinunciato a qualcosa di importante. Il tutto ripetuto per una decina di volte.
Il punto è che trovo la particolarissima cifra stilistica dell’autore giapponese – una di quelle che lo-ami/o/lo-odi – perfettamente coerente con l’idea stessa di romanzo come creazione di un mondo parallelo, ed evidentemente meno adatta a quella che si annunciava come una sorta di inchiesta giornalistica. Dopo aver messo le pupille su Underground, ed esserne stato accompagnato per qualche giorno, posso affermare con la sicurezza di Michael Jordan al tiro dalla lunetta di essermi assolutamente sbagliato.
“Underground” racconta gli attentati alla metropolitana di Tokio, compiuti dagli aderenti alla setta religiosa Aum Shinri Kyo nel marzo del 1995. Il progetto terroristico, realizzato diffondendo gas sarin nella rete di trasporti sotterranei della capitale nipponica, è il risultato di un tragico miscuglio di sete di potere e confuse vocazioni di salvezza, una di quelle boiate ben spacciate per la quale uccidere uno studente che si sta recando all’università compirebbe la sua felicità eterna. Sto evidentemente semplificando, ma vi assicuro che le interviste ai componenti della setta, che costituiscono la terza parte del libro, sono agghiaccianti.
A colpire ancor più profondamente sono invece le prime pagine, concepite come una serie di interviste ai sopravvissuti o a parenti delle vittime. In queste pagine, che correvano il rischio di apparire in qualche misura ripetitive, Murakami riesce nel piccolo miracolo di astrarre il lettore dalla complessità dell’evento e condurlo su un piano assolutamente umano e personale: quante volte ci lasciamo colpire dai numeri (“più di seimila intossicati da gas velenoso”) e tardiamo a fissare lo sguardo su ognuna di queste storie, e sul fatto che dietro ad ognuna di quelle unità numeriche vi siano uomini, donne e parenti con una lacerante sensazione di vuoto nel cuore? Credo stia accadendo in qualche misura lo stesso anche nel ragionamento politico e sociale che riguarda i migranti e la nostra operazione Mare Nostrum.
Murakami costringe a guardare negli occhi la nostra società, dove per nostra i lettori italiani devono necessariamente intendere “dell’uomo contemporaneo”. D’un tratto passerà in secondo piano la cronologia dell’evento, che pure colpisce nel racconto della compostezza dei passeggeri e di una etica del lavoro e del servizio da parte degli impiegati della metropolitana che supera il rischio personale, ed emergerà una riflessione fortissima sulla direzione del pianeta e dei suoi bipedi abitanti, una riflessione che non ti lascia stare e ti provoca al pensiero.
Non riesco a immaginare neppure un motivo per non consigliarne la lettura. Neppure uno.
Alfonso d’Agostino
La citazione (da una delle interviste):
“C’è una persona dalla quale ho imparato una lezione. Perchè nei passeggeri c’è anche del buono, sa? C’è un signore sui cinquant’anni che prende il primo treno del mattino e mi saluta sempre. Fino a quando non sono tornato al lavoro, probabilmente avrà pensato che fossi morto. L’altra mattina, vedendomi, mi ha detto: “Il fatto che lei sia ancora in vita, significa che c’è ancora qualcosa che deve fare. Ce la metta tutta” Gli ho risposto “Sì, e devo essere grato a tante persone. Facciamoci forza tutti quanti”. Uno scambio di saluti così caloroso è una vera gioia.
Dall’odio invece non nasce niente.”
Scheda libro
Titolo: Underground.
Sottotitolo: Racconto a più voci dell’attentato alla metropolitana di Tokyo
Autore: Haruki Murakami
Editore: Einaudi
Collana: Einaudi tascabili. Scrittori.
Data di pubblicazione: gennaio 2011
Pagine: 447
ISBN: 9788806206581
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Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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