Elissa è una diciassettenne bella bionda e col dono del canto. Sarah lavora in ospedale, è ancora giovane e bella. Sarah e Elissa ora vivono insieme. Elissa è la figlia coscienziosa che tutti vorrebbero avere, Sarah è una madre single, talvolta apprensiva, molto comprensiva, che tutti vorrebbero avere.
Ryan è il nuovo vicino di casa delle due donne. E il ragazzo è l’unico sopravvissuto alla strage della sua famiglia, avvenuta anni prima per mano della sorellina, scomparsa nel nulla dopo il folle gesto. Due case abbracciate dai boschi nell’immensa e bucolica provincia americana sono teatro di oscuri presagi, risoluzione di vecchi misteri, colpi di scena sino al finale – un po’ scontato ma godibile – di una storia ricca di suspense che ruota intorno a queste tre persone, le cui vite cambieranno per sempre.
Il film diretto da Mark Tonderai, dj e produttore britannico che da qualche anno si sta facendo notare in qualità regista e autore nel mondo dell’horror/ thriller, dirige due attrici del calibro di Jennifer Lawrence e Elisabeth Shue in una pellicola basata su un racconto breve di altro autore di cinema e TV, Jonathan Mostow. Una storia che ha dovuto attendere molto prima di vedere la luce e che non è stata accolta con clamore dalla critica, cosa che probabilmente ha turbato il sonno di qualcuno e raggelando altri. Di sicuro non gli spettatori, anzi… stimolati, forse incuriositi, hanno capovolto, come spesso capita, il giudizio della critica, decretando il successo al boxoffice nel weekend di debutto americano, ah!
E, in effetti, ora che il film è arrivato su piccolo schermo, subiamo anche noi il suo fascino. La confezione è accurata. La fotografia è attenta, livida, scura, oscura, umida, all’occorrenza sudata. Le attrici – soprattutto la Lawrence – anche con il “muto” inserito, convincono. La suspense non è da cardiopalma ma è onnipresente e crescente, stimola la nostra curiosità quanto basta a farci sobbalzare quando l’inevitabile accade. E, a ben vedere, l’opera non sconfina mai nell’horror, insinua solo dubbi che nell’immaginario collettivo riportano alla mente altre pellicole dai risvolti più efferati, col riusltato di autosuggestionarsi, spesso per nessuno motivo.
“Hates – House at the End of the Street” è un thriller che parla di famiglia, primi amori, delitti, passioni, timori, traumi, ricordi sbiaditi e segreti che dovrebbero rimanere sepolti. C’è tanta incertezza e ci piace, così come ci conquistano i protagonisti con i quali proviamo ben presto simpatia e molta empatia. Elissa e Ryan sono tanto carini, giovani e buoni, che ci fanno tenerezza soprattutto perché brillanti e non stolti, quindi da loro ci attendiamo solo il massimo!
Ci uniamo, quindi, anche noi al coro degli estimatori di “Hates” e lo consigliano a chi ama le serate in compagnia di amici, con un trancio di pizza in mano godendosi un film all’insegna del brivido :)
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”