Il regista di “Harry ti presento Sally”, decadi dopo il successo della commedia romantica che l’ha reso celebre in tutti il mondo, ci riprova cercando di accattivarsi i mercati emergenti: la terza e la quarta età! D’altro canto si sa, la voglia di amore, affetto, compagnia non si affievolisce con lo scorrere degli anni. Al contrario, la solitudine fa costantemente paura e il desiderio di provare quei sentimenti che ti scuotono da testa a piedi, si fa sempre più urgente, diviene il mezzo per sentirsi ancora al passo coi tempi, la conferma che si è vivi non solo nello spirito ma pure nel corpo.
Rob Reiner ne è talmente convinto da scegliere come protagonisti del suo nuovo lavoro due vecchie volpi come Michael Douglas e Diane Keaton. Veterani della macchina da presa che, con l’avanzare degli anni, hanno entrambi vissuto una seconda giovinezza cinematografica: richiesti, amati dal pubblico, in panni sempre nuovi e accattivanti. Che i due sappiano cimentarsi in prove impegnative è fatto noto, motivo per cui mi piace credere che abbiano scelto di interpretare Oren e Leah per divertirsi un po’.
Sia la Keaton sia Douglas si trasformano con disinvoltura in vicini di casa alle prese con le reciproche manie e insicurezze e con la nipotina di Oren, dopo che lo scapestrato figlio Luke (un ex-tossico) gliela lascia sull’uscio dovendo finire al fresco per un bel po’. Un inizio scoppiettante che ci fa ben sperare prima di renderci conto che il film difetti di ritmo, direzione e intenzioni.
Nessuna commedia irriverente; nessuna dramedy toccante o struggente, incentrata sulle moderne famiglie disfunzionali e sull’amore senza età; nessun filmone strappalacrime che ci insegna l’importanza degli affetti. Assistiamo a una storia semplice che per tutta la prima ora vaga alla ricerca di una meta sicura e improvvisamente vira verso toni più seri e seriosi, ricolmi di sentimenti sdolcinati e responsabilità domestiche.
Il film diventa un susseguirsi di lezioncine di morale e di senso di responsabilità, un inno a fare la cosa giusta per sentirsi meglio e potersi ri-guardare allo specchio. E sarà Oren a evolvere più degli altri, a regalarci qualche divertente perla (partorita da una mente sagace) che però cade inesorabilmente nel vuoto. Nessun altro personaggio è, infatti, altrettanto strutturato e la narrazione procede incerta, come una nave che non sa in quale porto approdare.
L’esile trama ci fa distrarre, scommettendo sullo svolgimento; la storia di amore e passione, con tutte quelle gag d’annata, suona stonata; e pentimenti e redenzione sono troppo repentini per riuscire a toccare le corde di coloro che sono in sala. Senza l’immedesimazione, questo film potrebbe fare solo una fugace apparizione al cinema, durante questo weekend di luglio prima di approdare al piccolo schermo dove potrebbe soddisfare e divertire molte più persone. “Mai così vicini” non è memorabile come altri lavori del regista e del cast, a tratti confonde e/o assopisce, quindi… fate attenzione, maneggiatelo con cura e cercate di cogliere il lato divertente :)
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”