C’è stato un periodo della mia vita in cui quello che definivo come “il teorema di Fosbury” rivestiva una particolare importanza. Ricordiamo tutti un momento della nostra storia in cui, dopo aver avuto una buona idea in ambito lavorativo e non, ci siamo sentiti rispondere: “Eh, ma abbiamo sempre fatto così e continueremo a fare così”. Ecco, in quelle occasioni io citavo Fosbury e la sua capacità di immaginare qualcosa di radicalmente opposto al “si è sempre fatto così”.

Nella mia mente, il primo salto schiena-all’asticella aveva avuto un impeto rivoluzionario immediato: non avendo voluto approfondire, mi ero immaginato plotoni di atleti cambiare immediatamente stile. Tra i moltissimi pregi di “Il volo di Volodja”, bellissimo libro scritto da Giuseppe Ottomano e Igor’ Timohin, c’è anche quello di avermi aperto gli occhi, spiegandomi che non è andata esattamente così.

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“Il volo di Volodja” racconta la storia di Vladimir Jaščenko, atleta dell’allora Unione Sovietica che fin da adolescente aveva dimostrato un talento quasi soprannaturale per il salto in alto, praticato con lo stile ventrale anche mentre il Fosbury cominciava ad imporsi in tutte le scuole di atletica. Ma sia chiaro che la collocazione del libro nello scaffale della “letteratura sportiva” è assolutamente limitativa: “Il volo di Volodja” ha il merito di presentare una parabola umana quasi esemplare, caratterizzata da un anticonformismo quasi incomprensibile per i sovietici, culminata con la fama ed il trionfo sportivo, e rapidamente dissoltasi dopo un grave infortunio fino alle toccanti espressioni di un uomo che – persa quella verticale – non ha più una direzione nella vita.

E’ un libro ricco di passione e di emozioni: c’è la simpatia per un ragazzo dai lunghi capelli sfrontatamente opposti agli atleti-robot dell’allora CCCP, c’è lo stupore degli italiani che scoprono a Milano un diciannovenne in grado di saltare l’altezza di un elefante (o di una cabina telefonica di allora), c’è la rabbia soffocata di alcuni compagni che si allenano il triplo e ottengono la metà dei risultati. C’è la malinconia di una Olimpiade mai vissuta, la tristezza mista ad imbarazzo il giorno della finale di salto in alto e la beffa di veder vincere il tedesco orientale Wessing (fosburista), c’è tutta l’innocenza di un ragazzo che zittisce il pubblico intento a fischiare il suo avversario perché ha una concezione naturale e nobilissima per lo sport. E c’è una mestizia profonda che ti stringe il cuore quando il ginocchio di Volodja fra crac, e i fantasmi mai del tutto sopiti di una personalità fragile ricompaiono e lo trascinano fino alla fine, tra ricoveri coatti e purissima autodistruzione.

“Il volo di Volodja” è un libro che dovreste leggere, anche solo per capire come si possa inseguire un sogno, realizzarlo, e poi diventare un reduce della vita a soli ventidue anni. Commuovendosi.

 

Titolo: Il volo di Volodja
Sottotitolo: Vladimir Jaščenko, campione fragile
Autori: Giuseppe Ottomano e Igor’ Timohin
Collana: Golem
Casa editrice: Miraggi Edizioni
ISBN: 978-88-96910-57-3
Pagine: 160
Prezzo di copertina: 15.00 € cartaceo; € 10,50 in prevendita sul sito di Miraggi edizioni (clicca per acquistare)