Le Masterclass sono una tradizione oramai ventennale del Festival di Cannes. Negli anni si sono susseguiti grandi registi, autori e personaggi che, in generale, hanno lasciato il segno nel mondo della settima arte. Un’occasione per incontrare chi sta dietro le immagini, per ripercorrere una ricca carriera, scoprire qualche aneddoto e fare domande. Oltre al moderatore, infatti, anche il pubblico (un misto di giornalisti, addetti ai lavori, produttori, fan e curiosi) può alzare la mano e porre direttamente la domanda che ha sempre sognato di fare.

Jacques Audiard at Cannes 2009 © Georges Biard

Jacques Audiard at Cannes 2009
© Georges Biard

Tra gli ospiti delle edizioni precedenti ricordiamo Quentin Tarantino, i Fratelli Dardenne, Philip Kaufman e quest’anno è stato il turno di Jacques Audiard.

Il regista francese, figura di spicco nel panorama dell’attuale cinema europeo e mondiale, è un uomo che si è fatto da solo. Prima di arrivare alla regia è passato attraverso varie fasi del “fare film”, partendo dal montaggio. E con solo una manciata di opere (all’attivo ha sei film!) è riuscito a conquistarci tutti e a portarsi a casa i premi più ambiti del cinema: ha collezionato decine di César, ha ricevuto riconoscimenti in varie edizioni del Festival di Cannes e nel 2009 si è aggiudicato un Oscar®.

Persona disponibile e spontanea, carica di energia, ci tiene da subito a sottolineare come il suo percorso di crescita professionale non sia mai stato dettato dalla noia, dalla frustrazione, bensì dal tentativo di fare cinema diversamente, a modo suo. Con una propensione a circondarsi di collaboratori fidati (l’editor è sempre Juliette Welfling, Alexandre Desplat cura la musica e ricorrenti sono gli attori scelti), Audiard è un figlio d’arte, suo padre era il noto sceneggiatore Michel Audiard, ed effettivamente quando inizia a condividere il suo processo creativo, svela un metodo particolare, molto aperto.

Incalzato dal moderatore, il regista parla della sua scrittura, dalla creazione dei suoi personaggi, mai legati a un volto specifico (troppo alto il rischio di rimanere poi legati ad una idea, ad un attore che potrebbe non essere disponibile, anche se più avanti svelerà una piccola eccezione) e parla del suo primo film, della fatica e dello stupore provato quanto un attore (Jean-Louis Trintignant), che aveva segnato la sua gioventù, accettò di farne parte.

Jacques Audiard and Michel Ciment © FDC/ KV

Jacques Audiard and Michel Ciment © FDC/ KV

Con fluidità la conversazione scorre e passa da un film all’altro. Grazie alle clip si rivedono scene che si ricordavano e altre non osservate con cura. E molto presto è chiaro a tutti il pensiero, la filosofia, lo stile, del regista. Una chiacchierata, infatti, solare e ricca, che evidenzia l’importanza di una scenografia accurata ma non dominante, per non oscurare attori e trama (motivo per cui al posto di girare “Un Prophète” in una vera cella, ha preferito ricrearla) e della luce. E ancora, di quel team, una squadra affiatata in cui vi è talmente fiducia da arrivare a modellare una sceneggiatura in corso d’opera (come accadde con il personaggio della Devos in “Sur mes lèvres”) e da non fargli ricordare, a distanza di tempo, come gli venne l’idea di un soggetto.

Ciò che, forse, ha più stupito è stato incontrare un uomo, non un divo. Audiard trasmette decisione e una grande carica, è un fiume di parole, è ironico, pronto alla battuta, e senza paura di dire “non ricordo” e “ho fatto fatica”. Non è orgoglioso di aver lavorato su un soggetto per 3/ 4 anni e, con naturalezza, ammette che le idee gli vengano leggendo molto, e non per illuminazione divina (aggiungo io), e per mantenere uno script fresco non ha paura di lasciare il suo cast libero d’improvvisare durante le prove. Chapeau!

Ho visto la masterclass di Audiard per curiosità, perché lo conoscevo solo parzialmente, ma dopo questa esperienza, lo seguirò con ancora più attenzione. Un uomo con calzini azzurri e cravatta verde e che non è affetto da delirio artistico ha, infatti, tutta la mia simpatia e stima :)

Vissia Menza