Ieri sera si è chiusa la 67° edizione del festival del film di Cannes. Sull’onda dei premi assegnati, di seguito lo scritto dedicato al film di Mike Leigh, “Mr. Turner”, tenuto in serbo sino alle battute finali. Dopo il riconoscimento ricevuto da Timothy Spall, ecco quali erano le nostre impressioni.
Signore e Signori Mike Leigh arriva a Cannes in compagnia di Mr. Turner e con Mr. Turner e ci porta in una Inghilterra di altri tempi che pare uscita direttamente dai quadri di Mr. William Turner stesso e, per poco meno di tre ore, ci dimentichiamo il nostro anno di nascita, entriamo in una spirale di luce, colori, pennelli e scorci, panorami e scogliere mozzafiato.
Timothy Spall incanta i presenti da subito. Gli SMS si rincorrono e si parla di premi ancora prima di aver visto il 90% dei film in Concorso quest’anno. Leigh, infatti, riesce a ricreare (e rendere credibile!) uno spaccato di Inghilterra che appartiene ai libri di storia. Il regista è talmente meticoloso, attento ai dettagli e dirige i suoi attori con tanta attenzione da indurci a perdonargli le imperfezioni presenti.
La lunghezza della storia, tra tutte, ė eccessiva e non mi è parsa funzionale alla riuscita della narrazione. Con 20 minuti in meno, mi sarei unita al coro che gridava a gran voce al capolavoro. Così non me la sento, anche se concordo che Timothy Spall sia l’ostacolo da superare per salire sul podio. Con una postura rigida, goffa, particolare, con gesti accurati quasi fosse lui stesso un pittore, Spall ci regala una tavolozza di emozioni: Turner, il pittore con i suoi quadri, i suoi paesaggi di un romanticismo che all’orizzonte vede l’impressionismo; Turner e il suo legame col padre-assistente di una vita; e Turner con la sua ossessione per la luce, il mare, il colore; Turner e i sentimenti, contrastanti che lo portano ad una chiusura in sé stesso sempre più visibile. Entriamo in casa sua, nelle sue abitudini, nelle routine più o meno celate per amarlo e odiarlo.
Ammetto che la trama non appaia mai dirigersi verso episodi particolari e avvincenti della vita del pittore, bensì propenda per offrire uno spaccato di un’epoca e di un genio che si divideva tra casa, fughe e serate in società. Lo sforzo nel ricreare quel periodo ė davvero fuori dal comune e denota una sensibilità e devozione all’arte che meritano qualche riga di plauso e un riconoscimento formale in sedi blasonate come Cannes.
I più affezionati estimatori di Leigh ci aiutano a vedere il fil rouge che unisce la sua filmografia e soprattutto a ritrovare tutti i segni distintivi del regista, che qui pare attingere molto dal suo vissuto e essere consapevole del fatto che lo spettatore possa perdersi. Ciò non gli impedisce di rimanere lontano dal classico cliché del bioptic, del film biografico adatto al piccolo schermo casalingo, e si concentra sul riprodurre routine, talvolta “piccantine” altre volte noiosette, del quotidiano che può essere stato di molti inglesi d’800. A noi non rimane che attendere quieti le battute finali per scoprire se anche la giuria sia stata ammaliata dal protagonista.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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