L’animazione “Il Giardino delle Parole”

“Il Giardino delle Parole” perdute, pensate, non dette, scritte su un fazzoletto che vola lontano, scolpite nel cuore, nella mente, serbate per sempre. “Il Giardino delle Parole” è un nuovo film di animazione, è giapponese, è nato dalla colorata immaginazione di un giovane autore acclamato ovunque come il futuro Miyazaki per il suo mondo di ricreare il mondo, i dettagli e le emozioni, per mezzo del disegno animato.

Il regista, attentissimo alle sfumature, alle illusioni ottiche e alla realtà che lo circonda, riesce infatti a confezionare un film che è un mediometraggio densissimo, ricco di accadimenti, di sottotesto e messaggi. L’opera, nell’insieme, è sobria, leggera e mai stantia. Come Shinkai faccia a rendere tutto tanto poetico e semplice è un vero mistero che mi porta a condividere l’idea che egli abbia un dono.

Takao il protagonista del film “Il Giardino delle Parole”
Photo: courtesy of Nexo Digital

In patria “Il Giardino delle Parole”  è uscito esattamente un anno fa (nonostante i più attenti ci facciano notare che nel film un biglietto  l’anno 2014), quindi è stato mostrato su e giù per il globo prima di arrivare da noi.

La storia è quella di un liceale aspirante artigiano che nei giorni di pioggia marina la scuola per sfogare la sua vena creativa nel parco cittadino. Al riparo di un gazebo, immerso nel verde, il giovane disegna scarpe. In un mondo dominato da tecno-gingilli Takao va quindi controcorrente e vuole creare con le sue mani qualcosa di utile. Osservando i piedi di un’altra frequentatrice di quell’oasi di pace e concentrazione, con lo scorrere della stagione delle piogge, il ragazzo fa la conoscenza della misteriosa Yukino, donna taciturna e dall’aria molto triste.

Yukino la protagonista del film “Il Giardino delle Parole”
Photo courtesy of Nexo Digital

Questo incontro cambia per sempre le loro esistenze: Takao prende la classica sbandata adolescenziale per l’affascinante donna matura che gli fa compagnia nel parco; e Yukino si affeziona a quel giovane creativo, non rivelando importanti particolari del suo passato. Col cambio di stagione i nodi vengono al pettine. Entrambi si sono aggrappati all’altro per risolvere i propri problemi e entrambi si sono affezionati alla persona errata, ma alla fine hanno aiutato sé stessi e l’altro (!) a (ri)alzarsi ed affrontare il mondo. Un egoismo che si rivela fondamentale per la consapevolezza di sé e per la propria crescita. Fare del bene agli altri con lo scopo indiretto di rafforzarsi.

Nonostante quindi i due protagonisti abbiano evidenti problemi, e siano pervasi da malinconia e tristezza, alla fine la speranza prende il sopravvento. La solitudine è il mezzo con cui ci viene ricordata l’importanza dei legami tra le persone, è il memento di quanto ci si possa sentire incompleti senza qualcuno al proprio fianco.

Il Parco del film “Il Giardino delle Parole”
Photo: courtesy of Nexo Digital

Ambientato in un vero parco (quello della città in cui è cresciuto il regista), anche se sembra incantato, tanto è sospeso nel tempo e nello spazio, questo film riesce in soli 46 minuti a raccontare una storia attuale unendo magia e realismo. Una favola moderna, quindi, che non rinuncia a temi “caldi”, come l’importanza delle nostre origini e dell’ambiente, e ad affrontare da un’inconsueta prospettiva il cammino che presto o tardi tutti dobbiamo imboccare: la vita.

Vissia Menza

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