Le peggiori figure delle aziende sui social network

I social network, si sa, sono per le aziende una straordinaria occasione e, allo stesso tempo, una possibile dannazione.

Evitando di addentrarci in tematiche di “brand reputation” et similia che tanto piacciono ai nostri amici che si occupano di marketing – e che trovo di volta in volta o incredibilmente interessanti o mostruosamente campate in aria – vorrei provare a guidarvi in una rapida carrellata delle azioni… uhm… meno riuscite mai pubblicate sui social network da marchi più o meno conosciuti.

Cominciamo con questa piccola meraviglia di 3 (is a magic number, and it’s a magic post):

Ora, io capisco che sia quasi obbligatorio dare vita a delle azioni di coinvolgimento dei propri followers, ma in un mercato caratterizzato dalla volatilità degli utenti come quello della telefonia mobile, chiedere di completare la frase “Ti tradirei con…” equivale a un mezzo suicidio pubblicitario. Inutile sottolineare come l’occasione sia stata colta quasi immediatamente (meno di 4 minuti).


C’è chi ha fatto se possibile di peggio: quanto segue va letto dal basso in alto:

Se ve lo state chiedendo, la risposta alla domanda “ha senso impostare un risponditore automatico di tweet?” è “decisamente no”. Potreste imitare American Airlines che ha avuto questa brillante idea ed ha dunque replicato con un vivo ringraziamento ad un poco elegante commento sulla qualità dei suoi servizi…


E per rimanere in ambito aviatorio facciamo i nostri migliori complimenti anche a Easyjet. Un suo cliente invia un tweet polemico per la ritardata partenza del suo volo, EasyJet lo nota e l’informazione scivola lungo tutta la scala gerarchica fino al responsabile del volo, che impedisce al cliente l’imbarco. Segue nuovo tweet (ovviamente) e valangata di commenti sulla sensibilità commerciale e di comunicazione dell’azienda (altrettanto ovviamente).


Passiamo al mercato automotive con una piccola meraviglia che ha purtroppo un triste finale, e che ricorda a quanti gestiscono, oltre al proprio profilo personale, un account Twitter aziendale di prestare particolare attenzione.
In caso contrario, può accadere di perdere il posto di lavoro per aver cinguettato un insulto a tutti gli automobilisti di Detroit dal profilo della Chrysler, coinvolgendo – in luogo dei quindici fidati amici – un pubblico di migliaia di potenziali ex-clienti.


Rimanendo nel mondo delle quattroruote, come dimenticare quella che è apparsa ad alcuni come una delle peggiori interpretazioni del social networking e ad altri – me incluso –
come una geniale campagna virale?

L’8 marzo di qualche anno fa Fiat pubblicò sulla sua pagina Facebook quanto segue:

Inevitabilmente, si scatenò una feroce polemica: ma come, si vuol celebrare la Festa della Donna e la casa automobilistica torinese si azzarda a cavalcare i peggiori luoghi comuni che attribuiscono dei limiti (in particolare nel parcheggio) alle abilità di guida delle fanciulle?

Dopo qualche ora e decine di migliaia di condivisioni, FIAT pubblicò quanto segue:

Fate mente locale: con un semplice post FIAT ha virtualmente occupato le bachece di migliaia di persone su Faccialibro. Con la “correzione in corso” – a mio giudizio pronta da un paio di settimane – porge le sue scuse (generando l’empatia rivolta a chi ammette uno sbaglio), sottolinea che la scelta della promozione era legata alla preferenza statisticamente accertata per i sensori di parcheggio da parte del parco clienti femminile e interrompe una promo che era destinata comunque a terminare in quanto legata al solo 8 marzo. Geniali.


Chiudiamo con un sorso di (rivedibile) caffè: cosa poteva fare di peggio Starbucks che lanciare dal suo account IRLANDESE una iniziativa sull’orgoglio BRITISH? Inevitabili i retweet di protesta, che spaziarono dalle minacce di boicottaggio alla proposta di istituire corsi di formazione sulla storia della verdissima terra irlandese.

P.S. Qualcuno lamenterà la mancanza del peggiore fallimento della storia internettiana in tematiche di social network aziendali: non me la sono sentita di andare a ripescare la tristissima storia del tweet di Groupalia che sfruttava l’hashtag #terremoto. Se vi incuriosisce, la trovate ben raccontata qui: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-05-29/paura-terremoto-andiamo-santo-150349.shtml?uuid=AbkiEHkF

Alfonso d’Agostino

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