La storia della bambinaia-fotografa che ritrasse il 1900

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“Alla Ricerca di Vivian Maier” è il titolo accattivante di un documentario intrigante, che si apre in modo ironico, dedicato alla misteriosa vita di una signora morta in solitudine, nell’inconsapevolezza della fama che avrebbe raggiunto. Oggi ricostruiamo l’esistenza di una donna riservata ed enigmatica che ha beffato tutti sino all’ultimo e che, qualora vi sia un al-di-là, probabilmente si starà godendo la sua gloria postuma: parliamo di Vivian Maier, una delle più importanti fotografe di strada del 1900.

Vivian non era particolarmente attraente, era molto alta, amava vestire con casacche che non mettessero in risalto le sue femminili curve, adorava i cappelli di feltro e aveva una reflex costantemente al collo, con la quale riusciva a immortalare la natura delle persone, la sofferenza, la miseria, ogni aspetto della vita e così facendo ha letteralmente fotografato la società di un intero secolo. Ma lei amava fare la bambinaia e i piccoli la adoravano. Situazione che mai cambiò tranne quando, nei lontani anni ’50, dimostrando un cipiglio molto moderno, si concesse un periodo sabbatico durante il quale fece il giro del mondo e impresse su pellicola l’umanità in tutta la sua varietà.

La Maier aveva una predilezione per il genere umano e un innato istinto nel catturare l’attimo, abbattendo le barriere tra l’obiettivo e l’altro, quello sconosciuto che per qualche strano motivo riusciva quindi a dare il meglio di se e il risultato fu una serie di immagini semplici, disarmanti, perfette. Allo stesso modo, la fotografa amava gli autoritratti, scatti di rara bellezza in cui sfruttava i riflessi più inconsueti e studiava con attenzione luce e riverberi. Una donna modernissima che ha precorso i tempi e – soprattutto – non si è mai accontentata di sfuocati e disattenti ritratti come gli odierni frettolosi autoscatti che abbiamo nobilitato con il nome “selfie”.

Nonostante conosciamo il suo viso, i suoi bronci, i suoi sorrisi e la sua voce, di questa donna incredibile nulla si è saputo sino al giorno in cui un giovane laureando, John Maloof, in cerca di fotografie d’epoca, a un’asta di quartiere  ha comprato una scatola di rullini mai sviluppati appartenuti ad una signora il cui nome non risultava su Google, in nessun modo lo si scrivesse. La determinazione del ragazzo e la fortuna che l’ha assistito sono degne delle migliori favole a lieto fine – già oggetto tempo addietro di un post di Alf76 – e questo filmato ricostruisce il puzzle con lo stile delle migliori detective story: dalla Grande Mela all’Europa sulle tracce di un passato lontano, a prima vista impossibile da scoprire.

Il documentario ripercorre tutte le fasi del ritrovamento e dell’investigazione di Maloof e vi garantisco che di soprese ve ne siano davvero molte: aneddoti, segreti, supposizioni erronee sulle sue origini, sulle motivazioni di tanta frenesia nel fotografare e molto altro. Tutto è degno del miglior racconto di suspense, perciò il mio consiglio è di non lasciarvi sfuggire questa avvincente indagine.

Ricostruire la vita di una persona attraverso i suoi cimeli, i suoi occhi e ascoltando i racconti di chi ha condiviso con lei diversi anni, è un’esperienza inconsueta che, dopo aver ammaliato il pubblico del TIFF e dell’ultima Berlinale, arriva oggi a noi. E, ancora una volta, ci ritroviamo ad ammettere che la realtà sia riuscita a superare la fantasia!

Vissia Menza

Trailer -- Alla ricerca di Vivian Maier