Noah alias Noè è tornato, grazie al cielo (ed è proprio il caso di dirlo) solo su grande schermo. Noè è sempre in contatto con il Creatore ed è il suo più fidato servitore, colui che non mette mai in discussione ciò che gli viene detto. Al massimo non capisce, ma può sempre salire sulla montagna e andare da nonno Matusalemme (giuro non è uno scherzo!) e chiedere numi. Discendente della stirpe di Seth, Noah è l’eletto, il prescelto per salvare gli innocenti e i virtuosi dal diluvio. Perché sarà l’acqua a lavare via i nostri peccati e noi tutti (!) dalla faccia del Terra dopo che abbiamo abusato della magnanimità del nostro Creatore, appunto.
Insomma, la storia bene o male la conosciamo tutti. Di sicuro, il lieto fine è assicurato e non può essere messo in discussione (altrimenti non saremmo qui), così come è inutile perdersi in piccate puntualizzazioni: stiamo entrando in sala a vedere la versione 2014, in 3D (!), del diluvio universale e dell’arca di Noè, made in USA, quindi è inutile andare per il sottile.
Questa nuova pellicola ci propone una storia svecchiata e modernizzata, come è giusto che sia. Ha una fotografia livida molto funzionale alla narrazione. Tutto è patinato e epico. A tratti si concede delle libertà che la portano a sfiorare il fantasy post-apocalittico, con tutti quei mostri di pietra e le tante fluorescenze. E, come se non bastasse, trova spazio per germogliare pure il seme della follia. Insomma, l’opera decisamente abbonda di accadimenti, drammi e, in generale, è piuttosto fantasiosa, come solo oltre oceano riescono a fare tanto bene.
Ma, nonostante la confezione lussuosa, un regista abile e tutto di un pezzo come Darren Aronofsky, e un cast altisonante che annovera, oltre a Sir Anthony Hopkins-Matusalemme, anche Jennifer Connelly (vista recentemente in Aloft in concorso alla Berlinale 2014) e un Russell Crowe Patriarca-per-eccellenza sempre più bolso e poco stremato (e affamato) dall’alluvione apocalittica, il film si inceppa.
Dopo una prima parte che, con spettacolarità tipica dei nostri tempi, vede il compimento dell’Arca, sul finale le libertà sono tante e a tratti comiche. Tra tutte merita una menzione speciale il personaggio di Noè: dapprima saggio, poi un vero invasato, quindi un ubriacone e infine uomo redento e salvato in una cornice da Casa nella Prateria al tramonto. Una vera parabola discendente che ci fa provare tenerezza: dovremmo immedesimarci, ma Crowe non ci trascina da nessuna parte e ci fa solo sorridere.
Insomma, il film parte bene, ma si perde in un epilogo melenso, ironico, un po’ eccessivo. Bastava fermarsi a soli dieci minuti dalla fine e l’opera sarebbe stata un perfetto Blockbuster che non scivolava mai nel grottesco. Siccome di gente ne attirerà comunque molta, tra curiosi e fan affezionati del bell’attore australiano, chiudiamo ponendo l’accento sull’intrattenimento, la spettacolarità, e la possibilità di sorvolare sulla congruenza che vi permetterà una buona visione. E, se avete voglia, scriveteci la vostra versione di come secondo Aronofsky rinascerà la nostra specie :)
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
Leave a Comment