Ci sono romanzi che suscitano domande esistenziali, altri che ti lasciano dentro interrogativi non risolti di carattere morale (e sto pensando a “Le benevole” di Jonathan Littell).
E poi ci sono romanzi in grado di affrescare un’epoca – addirittura quella contemporanea – con la forza di un pamphlet storico e la scorrevolezza di un’opera di grande narrativa. “Il fondamentalista riluttante”, seconda fatica letteraria del pakistano Mohsin Hamid, si iscrive con pieno merito a questo gruppo: una lettura inderogabile per chi stia cercando un punto di vista differente da quello più vicino alla nostra visione del mondo ed una risposta “vista dall’altra parte del muro” ai più pressanti interrogativi dei nostri giorni (“è possibile una integrazione e un dialogo Islam – Occidente o lo scontro di culture è del tutto inevitabile?”).
Certo, c’è da armarsi di buona volontà e bisogna essere pronti ad inghiottire qualche amaro boccone: avete presente le interminabili discussioni con un amico che la pensa in maniera radicalmente diversa da te, e di cui fatichi ad accettare il punto di vista o le motivazione? Ecco.
La trama – efficace la scelta di un dialogo fra due personaggi che si tramuta in realtà in monologo – racconta la storia di Changez, giovane pakistano volato negli Stati Uniti a completare la sua formazione accademica e successivamente inseritosi con successo nella vita lavorativa del paese ospite. Un rientro in patria, un lavoro che sembra riassumere i mali del capitalismo e – forse soprattutto – una storia d’amore intensa e maledetta faranno scattare nel giovane una nuova consapevolezza, a metà tra un recupero della propria identità musulmana ed un rigurgito anti-occidentale.
Cerco di controllarmi e non spendo una parola sul finale, che regala al romanzo una stellina anobiiana in più; complessivamente la sensazione generale è positiva, il romanzo corre via in un paio di serate e costringe ad una riflessione sul labile confine tra verità e propaganda storica, in entrambi gli schieramenti. E dedicare del tempo a pagine che facciano riflettere non può mai essere un fatto negativo.
Alfonso d’Agostino
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.