Recensione La quarta mano di John Irving

Curioso che sia successo proprio a me: con un curriculum scolastico che ha previsto – al liceo scientifico – una graziosa ripassata di matematica a settembre quattro anni su cinque (e il quinto no sono per la contingenza dell’esame di maturità), che mi sia balenata in testa l’idea di associare ad un libro una funzione aritmetica è probabilmente indice degli incubi che ancora mi accompagnano su questa specifica materia.

Eppure, “La quarta mano” di Irving ė esattamente così:

Cercherò di spiegarmi senza spoilerare eccessivamente: osservate il primo periodo, contraddistinto dalla lettera (A). Il romanzo parte bene, si fa immediatamente leggibile, la vicenda del protagonista (un giornalista televisivo a cui un leone ha sbranato una mano durante un servizio in diretta) è godibile e in un paio di passaggi si fa fatica a trattenere le risate. Quasi l’Irving dei tempi migliori, quello di “Il mondo secondo Garp” e “Preghiera per un amico”, libri che ho amato tantissimo.

Poi ti accorgi che manca quella magia, quella sorta di leggerezza che ti teneva inchiodato alle pagine come precipitato in un mondo parallelo, e sei in piena fase (B). La vicenda si fa un po’ più confusa, le avventure “di letto in letto” del protagonista diventano vagamente più gratuite. Ci si riprende un po’ quando sentimenti e vita acquisiscono una direzione più lineare (tratto C) e ci si aspetta almeno un mezzo colpo di scena finale che… uhm… semplicemente non arriva (D).

Irving trasmette senza dubbio alcuni messaggi: la critica ad un certo tipo di società americana è ficcante, e lo é ancora di più la descrizione di un tipo di giornalismo eccessivamente scandalistico ed umorale a cui ci stiamo abituando anche da questa parte dell’Oceano. Il risultato, tutto sommato, non è mica troppo convincente.

Alfonso d’Agostino

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