Afghanistan, giorni nostri, base Navy Seal. Un gruppo di ragazzoni carichi di testosterone ogni giorno si allenano per fronteggiare un territorio impervio, un’escursione termica da brivido e un nemico pericolosissimo. Per la sopravvivenza creano una granitica fratellanza che sarà una vera ancora per quattro di loro, Marcus (Mark Wahlberg), Michael (Taylor Kitsch), Danny (Emile Hirsch) e Matthew (Ben Foster), quando un’armata di Talebani cercherà di braccarli.
State inarcando il sopracciglio? Attendete ancora qualche minuto… il film di oggi è la trasposizione cinematografica della storia vera di un gruppo di soldati in missione sulle montagne afghane. E, ammettendo pure che in poco più di dieci minuti sia palese a tutti come volgeranno gli eventi, il vero colpo di scena capita in sala.
Se, infatti, ambientazione e marchio di fabbrica rendono l’intreccio prevedibile, la pellicola mentre gira vi trascinerà su quell’impervio ammasso roccioso con i protagonisti. Ben presto soffrirete (e parlo di dolore fisico) per loro, e conterete i minuti prima del colpo di grazia. Qualora doveste soffermarvi sul fatto che si tratti di una storia vera, accaduta solo qualche anno fa, e che per lo meno il narratore sia sopravvissuto a quell’orribile esperienza, il coinvolgimento (trainato dalla curiosità) non lo potrete evitare e il tempo si fermerà.
È vero, “Lone Survivor” è un film americano, dedicato a un soldato americano, che ha vissuto un’esperienza atroce, un vero viaggio all’inferno in quella polveriera che è l’Afghanistan. E lo ammetto, il pathos di “Platoon” manca; non c’è l’introspezione, la profonda analisi della mente umana minata della guerra, come mostrata in “The Hurt Locker”; ma l’opera funziona in sala come fuori, dove ci porta a riflettere su cosa accada quotidianamente lontano da noi, nei territori di guerra, e sulle differenze culturali, che talvolta sembrano insormontabili barriere più per problemi linguistici che per la presenza di ostacoli oggettivi.
Peter Berg alla fine ci mostra gli esseri umani, ci parla dell’importanza delle interazioni, della fiducia, della coerenza con sé stessi e con gli altri, e della lealtà verso i propri ideali, gli amici, i colleghi e la bandiera. Perché alla fine questa è la storia di un uomo sopravvissuto alla morte grazie ad un altro uomo che ha messo in pratica usi e costumi millenari, vero memento che dignità e il rispetto (per sé e per l’altro) siano in grado di superare qualsiasi confine.
Nonostante quindi una visione piuttosto ottimistica del genere umano, una grande fiducia nelle regole (occidentali) e nei relativi frutti, l’opera rimane buon intrattenimento anche per il pubblico del Vecchio Continente, notoriamente con una sensibilità all’argomento e con una concezione di eroismo, patriottismo e cameratismo, differente da quella che anima i cugini oltre mare.
A parole in molti hanno sottolineato piccole pecche; di fatto, in sala, i più battevano i piedi e mormoravano, quindi per noi “Lone Survivor” è un film ben confezionato, ben recitato, sobrio, che raggiunge la sufficienza. Non passerà agli annali, ma è superiore a uno sceneggiato TV e da sempre i cinema non riservati solo a prodotti che contribuiranno alla storia della settima arte!
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”